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La Relatività Generale e le missioni su Marte, un giorno

Come promesso oggi parliamo della Relatività Generale, la parte della Teoria di Einstein che considera anche la gravità. La scorsa mail è stata corposa, oggi ci andiamo piano.
Se avete curiosità potete scrivermi a spacebreak [at] francescobussola.it

Di cosa parliamo
– la Teoria della Relatività Generale
– pillole della settimana

La Teoria della Relatività Generale
Come abbiamo visto la volta scorsa la Relatività Speciale è basata su poche buone idee:
1 – Le leggi fisiche sono le stesse per osservatori con velocità diverse;
2 – La velocità della luce nel vuoto è una costante, ed è uguale per ogni osservatore;
3 – Lo spazio e il tempo non sono più concetti distinti, ma sono fusi in un unico concetto chiamato spaziotempo;
4 – Non valgono più le leggi inventate da Galileo. Al loro posto ci sono delle nuove leggi, chiamate trasformazioni di Lorentz che “mescolano” lo spazio e il tempo.
Le conseguenze di queste idee sono interessanti e inaspettate:
– La misura delle distanze è relativa, ossia cambia in base alla velocità dell’osservatore;
– Anche la misura degli intervalli di tempo è relativa.
Questi due fenomeni, chiamati contrazione delle lunghezze e dilatazione del tempo, accadono veramente e sono stati ampiamente verificati dagli esperimenti.
Inoltre ci sono altre conseguenze, come ad esempio la famosa legge E=mc2 o il fatto che nessun corpo può raggiungere e superare la velocità della luce.
Per chi si è perso e per chi non c’era, qui c’è la newsletter della settimana scorsa.

Manca la gravità
Nella Relatività Speciale manca però un ingrediente, la gravità. Tutta la Teoria è infatti valida quando gli effetti della gravità sono trascurabili o non presenti: è quindi un modello, una semplificazione utile in alcuni casi, ma che non dice nulla a proposito della forza di gravità, che solitamente è descritta da Newton. Ma sappiamo anche che Newton non funziona. Che si fa? Non potremmo accontentarci di avere un modello che in qualche modo funziona, magari correggendo un po’ la teoria di Newton giusto per far tornare i conti? Perché bisogna per forza includere la gravità nella Relatività?  Essenzialmente per completezza. Ai fisici piace cercare delle leggi semplici che descrivano la più vasta gamma di fenomeni naturali. Una teoria sul movimento dei corpi, come è la Relatività, che non descrive la gravità – il fenomeno fisico che conosciamo da più tempo – è in un certo senso “zoppa”.
Comunque sia, in una delle prossime mail vi parlerò del paradosso dei gemelli e sarà evidente che in effetti nella Relatività Speciale si nota che manca qualcosa.

Come introdurre la gravità
Abbiamo detto tempo fa che la forza di gravità, per Newton, dipendeva dalla distanza tra i corpi in gioco. Siccome però per Einstein la misura della distanza è un concetto relativo, quella legge non va più bene. Come si può introdurre perciò la gravità nella Relatività?
Per farlo dobbiamo ricordarci di come Einstein descrive lo spazio e il tempo: non sono entità separate, ma sono unite in un unico concetto chiamato spaziotempo. Lo spaziotempo è in sostanza una specie di struttura su cui poggiamo e senza di essa non ci sarebbe l’universo.
La faccio semplice. Provate a immaginare un universo completamente vuoto, senza galassie, stelle, pianeti, polveri. Ecco, quello sarebbe lo spaziotempo descritto dalla Relatività Speciale. Dal punto di vista geometrico possiamo pensarlo come un lenzuolo steso orizzontalmente. Ogni punto del lenzuolo indica un evento, ossia un punto dello spazio ad un certo istante di tempo. In ogni punto però non accade niente e, come detto, non c’è niente. Questo è il motivo per cui non c’è gravità.
Cosa accade però quando appoggiamo una palla sul lenzuolo? Il lenzuolo ovviamente fa una conca dove viene messa la palla, no? Ecco, questo è l’effetto della presenza di un pianeta (o di una stella, o di un qualsiasi corpo) sullo spaziotempo: la struttura su cui “poggia” il corpo si deforma. Lo spaziotempo quindi non è più piatto, come poco prima, ma è curvo. Ovviamente ogni pallina che appoggiate sul lenzuolo – sia essa una stella, un pianeta, un asteroide, un uomo, un gatto o un temperamatite – curverà lo spaziotempo. Più l’oggetto è grande (o meglio, più la sua massa è grande), più la conca sarà profonda. Se poi l’oggetto si muove, la conca si sposterà insieme ad esso.
Per capire cosa c’entra questo con la gravità basta immaginare cosa accade a una pallina quando finisce nella conca di un’altra pallina, come nella seguente animazione.


Come vedete quando una pallina finisce nella conca di una pallina molto più pesante, ci cade dentro. Vedete il movimento che fa? Sembra quello di un asteroide che cade su un pianeta. La curvatura dello spaziotempo dunque è il modo con cui viene descritta la gravità nella Teoria della Relatività.

Perché non la vediamo?
Non vediamo la curvatura per il fatto che lo spaziotempo non è una struttura tangibile. Il nostro punto di vista è molto simile a quello della telecamera in verticale nell’animazione: a noi lo spaziotempo appare “piatto”. Ci accorgiamo però degli effetti causati della curvatura.

Quali sono gli effetti della curvatura?
Beh, innanzitutto vediamo i corpi che si attirano: i pianeti orbitano attorno al Sole, gli oggetti cadono verso la Terra e così via. Insomma, percepiamo la gravità. Ma ci sono altri effetti. Se lo spaziotempo si piega, pensateci, significa che lo spazio e il tempo vengono deformati e le loro misure cambiano. Non stiamo parlando della dilatazione del tempo e della contrazione delle lunghezze viste l’altra volta. Parliamo di ulteriori effetti aggiuntivi dovuti alla gravità ed esistono delle formule per descriverli. L’esperimento di Hafele e Keating di cui abbiamo parlato dimostrò anche questi effetti aggiuntivi.
Se siete scettici fate bene – lo scetticismo in mancanza di prove è una buona abitudine – e soprattutto siete in buona compagnia. Negli anni ’70 il Dipartimento di Difesa statunitense cominciò a costruire il sistema GPS, il famoso sistema di localizzazione basato sui satelliti. Per funzionare correttamente i satelliti dovevano essere sincronizzati, altrimenti avrebbero segnalato in maniera sfasata le posizioni. All’epoca i fisici spiegarono ai militari che per sincronizzare i satelliti bisognava tenere conto delle correzioni agli orologi previste sia dalla Relatività Speciale che da quella Generale. I militari non ci credevano. Indovinate chi aveva ragione.

C’è altro?
Sì, una cosa importantissima e difficile da credere. Abbiamo visto che le palline quando cadono in una buca ci finiscono dentro girando intorno al centro. E che questo è come la Relatività descrive la gravità. Ma c’è una cosa in più: anche ai raggi di luce accade a stessa cosa: I raggi di luce infatti si propagano seguendo la griglia dello spaziotempo. Quando questa si deforma, però, si modifica anche il loro percorso. Perciò quando un raggio di luce passa vicino a un pianeta, a una stella o a una galassia, modifica la sua traiettoria, più o meno come in questa immagine.

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Questo fenomeno si chiama lente gravitazionale. Vi spiego l’immagine. La stella, quella in alto a destra, si trova nascosta dietro il Sole e sarebbe impossibile vederla dalla Terra. La sua luce però finisce nella conca gravitazionale del Sole, perciò il raggio luminoso curva la propria traiettoria e raggiunge comunque la Terra (linea gialla). Noi quindi riusciamo a vedere la stella, ma la vediamo come se fosse più a sinistra (linea rossa). Insomma, grazie a questo effetto possiamo vedere dei corpi celesti nascosti dietro qualche ostacolo.
Volete una prova? Questa foto è la famosa croce di Einstein, un corpo celeste nella costellazione di Pegaso. Quella al centro è una Galassia e le luci accanto sono quattro immagini apparenti di un unico Quasar che si trova dietro la Galassia. La luce emessa dal quasar passa in fianco alla Galassia, curva la sua traiettoria e ci raggiunge comunque. Einstein postulò l’esistenza di tali oggetti nel 1915, sessantacinque anni prima della loro scoperta.

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Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

I funghi sulla ISS
Sulla Stazione Spaziale Internazionale sono stati coltivate per 18 mesi delle cellule di alcuni funghi particolari che solitamente crescono in Antartide e che sono considerati buoni candidati per “colonizzare” l’ambiente marziano. Li vedete nell’immagine sotto, dove c’è la freccia. Più del 60% delle cellule dei funghi sono sopravvissute, mantenendo stabile il proprio DNA dando prova che la vita può sopravvivere anche in situazioni estreme. Qui gli approfondimenti.

L’esperimento Expose-A (Credit: NASA ESA, ISS)

La navicella Orion
L’Orion MPCV è un veicolo spaziale con equipaggio attualmente in fase di sviluppo da parte della NASA che sarà impiegato nell’esplorazione umana degli asteroidi in vista di un futuro sbarco su Marte. Nonostante i tagli ai finanziamenti il progetto continua. In questi giorni Orion è stato trasportato al Kennedy Space Center a Cape Canaveral con il fighissimo aereo Super Guppy per l’assemblaggio finale. Il prossimo lancio test senza equipaggio è previsto nel 2018.

L’aereo Super Guppy, pronto a trasportare Orion (Credit: NASA)

Il Lussemburgo spara (molto) alto
Il governo del Lussemburgo ha annunciato un ambizioso progetto per diventare “il centro europeo nell’esplorazione e nell’utilizzo delle risorse spaziali”. L’obiettivo è quello di sviluppare le tecnologie e stabilire un quadro normativo per poter estrarre minerali dagli asteroidi. Chissà.

Una passeggiata spaziale
Ieri gli astronauti Russi Malenchenko e Volkov hanno fatto una passeggiata spaziale per attività di manutenzione della ISS. Durante la passeggiata hanno recuperato l’esperimento europeo Expose-R2, un laboratorio di campioni biologici simile a quello utilizzato per i funghi di cui abbiamo parlato. Ecco Volkov al lavoro.

L’astronauta Volkov durante la passeggiata spaziale (Credit: NASA, ISS)

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Per approfondire
– Il fenomeno della lente gravitazionale rivisto a Dicembre dello scorso anno
– La storia delle lenti gravitazionali (inglese)
– La Relatività Generale, in inglese, coi disegnini (video)
– Gli ultimi appunti di Einstein, scritti poco prima di morire
– Cosa sono le onde gravitazionali (fumetto e video in inglese)

Le quattro forze fondamentali

Continuiamo ad affrontare alcuni argomenti di fisica. La volta scorsa abbiamo parlato della gravità e abbiamo imparato alcuni termini. Oggi vedremo quali sono le quattro forze fondamentali presenti in natura.
Come già detto, per richieste e suggerimenti, scrivetemi. Grazie anche a chi mi ha fatto notare che nella mail della settimana scorsa ho nominato sovrappensiero la dinamica dei corpi di Galileo, intendendo invece la cinematica dei corpi. Primo errore.
La mia mail è spacebreak [at] francescobussola.it

Di cosa parliamo
– le quattro forze fondamentali
– la storia di Hubble
– pillole della settimana

Le quattro forze fondamentali
Sappiamo oggi che in natura esistono quattro forze fondamentali che regolano le interazioni tra le particelle. Due di queste sono molto famose: sono la forza di gravità e la forza elettromagnetica. Le altre due sono meno famose e sono chiamate, in maniera piuttosto banale, forza debole e forza forte. In seguito mi capiterà di chiamare queste forze “interazioni”. Sono termini sinonimi in questo contesto. Spero non sia un problema. Vediamole dunque una per una.

La forza di gravità
Della forza di gravità abbiamo già parlato con la scorsa newsletter. La conosciamo tutti, dato che tutti siamo caduti almeno una volta dalla bicicletta. Abbiamo detto che è stata “scoperta” da Newton la cui legge di gravitazione universale è buona, ma intrinsecamente sbagliata perché dipende dalle distanze tra i corpi. E la misura della distanza tra i corpi non è un valore univoco, è un concetto relativo. Abbiamo poi accennato al fatto che Einstein ha sistemato piuttosto bene le cose, anche se non abbiamo detto come. Per chi si è perso e per chi non c’era, rimando alla scorsa newsletter.
Parleremo nuovamente della gravità più avanti, quando affronteremo la Teoria della Relatività. Ok?

La forza elettromagnetica
Anche la forza elettromagnetica la conosciamo tutti. Riguarda l’elettricità e il magnetismo.
I magneti sono noti all’uomo da molto tempo, ma ne abbiamo cominciato a capire il funzionamento soltanto da pochi secoli. Hanno un “polo nord” e un “polo sud”. Il polo nord e il polo sud di due calamite si attirano, mentre due poli uguali si respingono. Un magnete inoltre attira alcuni metalli, più o meno con lo stesso processo.
L’elettricità invece, che ci è sempre passata sotto il naso durante i temporali, ha trovato applicazione a partire dalla fine del Settecento. Sappiamo che i corpi possono avere una carica positiva, negativa, oppure non averne – e in tal caso si dicono neutri. Cariche di segno opposto si attraggono, mentre cariche dello stesso segno si respingono. Anche le molecole, gli atomi e le particelle fondamentali che troviamo in natura possono avere una carica. Ad esempio il protone è una particella con carica positiva, l’elettrone ha carica negativa, mentre il neutrone non ha carica elettrica.
A fine Ottocento il fisico Maxwell comprese che l’elettricità e il magnetismo sono due facce dello stesso fenomeno fisico. Chiamò questo fenomeno elettromagnetismo e trovò delle formule per descriverlo. In che senso elettricità e magnetismo sono lo stesso fenomeno? È presto detto: cariche elettriche in movimento – la corrente – generano un campo magnetico (per verificarlo prendete una bussola e avvicinatela al cavo di alimentazione del pc – dentro il quale passa corrente – l’ago si muoverà), mentre se muoviamo delle calamite vicino a un metallo che conduce elettricità, possiamo creare delle correnti elettriche. Questi principi sono oggi molto utilizzati, ad esempio nei freni magnetici dei treni.
L’elettromagnetismo inoltre assume anche altre forme inaspettate: la luce, ad esempio, è un fenomeno elettromagnetico, così come le microonde che usiamo per riscaldare il latte o i raggi X sfruttati in ospedale. Tutto questo è descritto da quattro eleganti formule, chiamate Equazioni di Maxwell.

L’interazione nucleare forte
Se non lo sapete, la materia è costituita da molecole e le molecole sono fatte di atomi. La molecola dell’acqua, ad esempio, è H2O ed è quindi costituita da due atomi di idrogeno (H) e uno di ossigeno (O). A loro volta gli atomi sono composti di particelle più piccole, dette particelle subatomiche, in numero diverso a seconda del tipo di atomo. Ci sono tre tipi di particelle subatomiche. Protoni e neutroni sono incollati tra loro e formano il nucleo, mentre gli elettroni, che sono molto più piccoli, “girano” intorno al nucleo.
Ma come stanno insieme i protoni e i neutroni nel nucleo? Grazie alla forza elettromagnetica? No. Come abbiamo visto prima i protoni hanno carica elettrica positiva, mentre i neutroni non hanno carica. Non rimangono certo incollati a causa dell’elettromagnetismo. Inoltre in un nucleo possono esserci più protoni, tutti con carica positiva e quindi tenderebbero a respingersi tra loro. Cosa li fa rimanere uniti?
La responsabile è l’interazione nucleare forte, chiamata così perché è più forte delle altre interazioni, compresa la forza elettromagnetica.
Parleremo più nel dettaglio di questa forza e confronteremo l’intensità delle varie forze più avanti.

L’interazione nucleare debole
Nel 1964 si teorizzò che anche i protoni e i neutroni fossero composti di particelle più piccole, detti quark. Per gli appassionati di letteratura, il nome quark fu preso in prestito dal fisico Murray Gell-Mann da un passo del romanzo sperimentale Finnegans Wake di James Joyce. Nel libro la parola “quarks” è una crasi dell’espressione “question marks”, che significa “punti di domanda”.
La teorizzazione dei quark – e la loro scoperta solamente quattro anni dopo all’acceleratore di particelle di Stanford, in California – permise di spiegare con precisione un fenomeno molto interessante detto decadimento beta. Il decadimento beta è un tipo di decadimento radioattivo, una reazione nucleare spontanea che trasforma una particella in un’altra. Ad esempio un protone può trasformarsi in un neutrone, creando anche altre particelle, oppure viceversa.
Il tipo di interazione che sta alla base di questi processi è appunto l’interazione nucleare debole che, agendo tra i quark all’interno di protoni e neutroni, ne cambia la natura, dando il via ai decadimenti.
Aggiungo una cosa, anche i quark sono tenuti insieme tra loro dall’interazione nucleare forte di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente. Quindi mentre l’interazione nucleare debole è responsabile dei decadimenti, facendo in un certo senso “dividere” le particelle, l’interazione nucleare forte agisce come una “colla” e le tiene insieme. Il fatto che l’interazione nucleare forte sia “più forte” di quella debole garantisce l’esistenza e la stabilità dei nuclei atomici. È andata bene.

La storia di Hubble
La settimana scorsa abbiamo nominato il telescopio spaziale Hubble (HST), che orbita attorno alla terra a circa 560 Km di quota. Avere un telescopio che orbita intorno alla terra fu necessario per evitare la distorsione delle immagini dovuta alla presenza dell’atmosfera, altrimenti aggirabile solo con complessi sistemi di ottica adattiva. Avete presente come si distorcono le immagini quando guardate oltre il termosifone acceso, il fuoco o l’asfalto d’estate? L’atmosfera fa lo stesso effetto alla luce delle stelle.
Hubble ha avuto una storia piuttosto tortuosa. Il suo lancio fu inizialmente rimandato a causa dell’esplosione dello space shuttle Challenger nel 1986. Messo in orbita tempo dopo, nel 1990, generò molto sconforto: le prime foto erano distorte e fuori fuoco a causa di una lente troppo piatta sul bordo di soli 0,002 millimetri (non 2 millimetri). L’errore fu corretto da degli astronauti in una missione Shuttle solamente nel 1993. La missione, che richiese cinque passeggiate spaziali della durata di sei ore ciascuna e l’installazione di una lente correttiva, migliorò drasticamente la qualità delle foto (l’immagine di Eta Carinae, una stella binaria a 7mila anni luce da noi, prima e dopo la correzione, si ingrandisce cliccando).

(Credit: NASA, ESA, Jon Morse)

Da allora Hubble  grazie alla sua ricca strumentazione scientifica, fornisce foto dettagliate e tantissime informazioni sulla radiazione emessa dagli oggetti celesti, analizzando anche la loro composizione chimica.
Presto Hubble avrà un nuovo compagno di avventure. Nel 2018 infatti verrà messo in orbita il James Webb Space Telescope, con lo scopo primario di studiare l’origine dell’universo.
Studiare l’origine dell’universo con un telescopio sembra una sciocchezza, ma è piuttosto semplice. Questa foto di Hubble, ad esempio, è NGC 3808 – un sistema di due galassie che stanno per scontrarsi – a 300 milioni di anni luce da noi.

(Credit: NASA, ESA)

Un anno luce è una unità di misura che corrisponde alla distanza percorsa da un raggio di luce in un anno.
Quando si dice che una galassia è a 300 milioni di anni luce da noi, quindi, significa che la luce che catturiamo con il telescopio ci ha messo 300 milioni di anni a raggiungere l’obiettivo. La foto è dunque di 300 milioni di anni fa.
Più osserviamo oggetti distanti nello spazio, più osserviamo il passato: un telescopio è quindi una banale macchina del tempo e, studiando la radiazione proveniente da oggetti molto distanti, ci permette di investigare l’universo com’era alle sue origini.

Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

SpaceX rilancia
Il 17 Gennaio SpaceX tenterà un nuovo atterraggio in verticale del razzo Falcon 9 utilizzato durante la scorsa missione. L’atterraggio non verrà effettuato con un lancio test, ma durante la missione per la messa in orbita di Jason-3, un satellite dedicato allo studio della topografia degli oceani. Inoltre non avverrà sulla terraferma, ma su una chiatta nell’oceano. L’ultima volta che hanno provato a far atterrare il Falcon 9 su una chiatta, non è andata molto bene.

LIGO ci ha visto giusto?
LIGO è un esperimento statunitense (ne conduciamo uno simile in Italia, VIRGO) per rilevare sulla terra le onde gravitazionali. Cosa sono le onde gravitazionali lo vedremo, ma si vocifera che LIGO sia riuscito a vederle la prima volta nella storia. C’è estrema cautela, ma se la voce fosse confermata sarebbe una scoperta sensazionale. Si vedrà.

Philae, ultima spiaggia
Sono cominciati gli ultimi (disperati) tentativi di comunicare con Philae, il lander della missione Rosetta che si trova mezzo addormentato sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Il volano del lander è stato fatto ruotare velocemente per sbarazzarsi della polvere e provare così ad attivare i pannelli solari. Non si sa ancora se la manovra sia andata a buon fine. C’è tempo fino a fine Gennaio, poi la cometa sarà troppo distante dal Sole, farà troppo freddo e Philae non si sveglierà più.

Prime ipotesi al CERN
Nel 2015 l’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra ha funzionato per la prima volta a pieno regime. Lo scorso 15 Dicembre sono stati pubblicati dei risultati interessanti – ma non definitivi – che indicavano la possibile scoperta di nuove particelle. In attesa di dati più precisi i fisici stanno già facendo delle ipotesi.

MAVEN
La Missione MAVEN per studiare l’atmosfera di Marte indica che il vento solare (cos’è?) strappa gas dall’atmosfera al ritmo di 100 grammi al secondo (video). Studiare l’atmosfera di Marte è importante in vista delle missioni umane.

Feedback
Se siete arrivati fino qua siete stati bravi. Sono stato abbastanza chiaro? Troppo lungo? Manca qualcosa?Fatemi sapere a spacebreak [at] francescobussola.it

Per approfondire
non sempre due galassie vicine stanno per scontrarsi (inglese)
– cosa sono le particelle mediatrici delle forze? (qualche cenno, per chi vuole buttarsi avanti)
– le equazioni che governano il mondo, di Carlo Bernardini
– Il telescopio spaziale James Webb, in costruzione nell’hangar (live)

La forza di gravità, Hubble e i viaggi su Marte

Bentrovati! Spero abbiate avuto occasione di osservare, tra una nebbia e l’altra, la cometa Catalina. Avete ancora pochi giorni per farlo, poi dovremo dirle addio. Ah, la prossima cometa visibile a occhio nudo, 46P/Wirtanen, passerà nel 2018. Curiosamente Wirtanen era la cometa inizialmente prescelta per la missione Rosetta di cui abbiamo parlato.
Oggi come promesso cominciamo ad affrontare alcuni argomenti di fisica. Le prime newsletter saranno dedicate a fare una panoramica sulla fisica moderna, giusto per creare un po’ di basi comuni e imparare alcuni termini. Cominciamo oggi parlando della forza di gravità e vedremo brevemente come questa influenza i concetti di tempo e spazio.
Come già detto, per richieste e suggerimenti, scrivetemi.
La mia mail è spacebreak [at] francescobussola.it

Di cosa parliamo
– cos’è una forza
– la forza di gravità, oggi
– pillole della settimana

Che la forza sia con te, giovane Newton
L’uomo nel corso della storia si è fatto più volte le stesse domande sulla natura delle cose: perché gli oggetti cadono e non fluttuano come le nuvole? Perché il Sole, la Luna, le stelle e i pianeti si muovono nel cielo? I Greci si diedero delle risposte intuitive, studiando il moto degli oggetti in base al loro fine, non alle cause: i corpi che cadono sono composti di terra ed acqua che, per loro natura, tendono ad assumere la posizione “che loro compete” andando verso il basso. Gli altri corpi, composti di fuoco e aria, tendono verso l’alto. I corpi celesti sono invece composti di una quintessenza e sono mossi da una causa prima.
Galileo, parecchi secoli dopo, cambiò paradigma: non chiediamoci perché i corpi si muovono. Chiediamoci come. Fu una rivoluzione. Le leggi di Galileo descrivevano la dinamica dei corpi (il moto), fregandosene delle cause. Galileo capì anche che un corpo fermo o che si muove in linea retta con velocità costante non cambia il suo moto a meno che non intervenga una forza esterna. Questo principio, detto principio di inerzia, è tutt’altro che intuitivo. I Greci ad esempio pensavano il contrario, ossia che servisse una forza per muovere un corpo con velocità costante. D’altronde per continuare a far scivolare un masso sul terreno bisogna spingerlo, altrimenti si ferma, no? Non avevano capito che la spinta era necessaria per bilanciare l’attrito tra il masso e il terreno, una forza esterna che ci lavora contro.
Fu Newton, parecchi secoli dopo, a capire che anche il moto dei gravi – ossia dei corpi che cadono – era dovuto a una forza, la forza di gravità. Una palla, che è fatta di materia, cade verso il suolo perché attratta dalla massa della Terra. Anche la Terra, che è fatta di materia, è attratta dalla massa della palla. La forza di gravità infatti agisce sui due corpi in gioco e lo fa in maniera simmetrica, ossia la palla e la Terra sentono la stessa forza di gravità. Ma poiché la Terra ha molta più massa della palla, ha un’inerzia maggiore, che è un modo fisico per dire che è più difficile muovere la Terra che la palla. Per muovere la Terra serve una forza più grande, perciò è la palla a cadere e non viceversa.
Ma il colpo di genio fu questo: la Terra, il Sole, la Luna, gli altri pianeti sono tutte palline nell’universo fatte di materia e si attirano le une con le altre in base alla forza di gravità. È questa forza che le fa muovere. Newton capì “la causa” dietro alla dinamica dei corpi celesti di Galileo e cominciò a sviluppare la matematica per descrivere le forze in gioco. È la nascita della meccanica dei corpi in movimento.
Ok, bella storia, ma non ci hai detto cos’è una forza.
Come nell’esempio della gravità, una forza è una qualsiasi interazione tra due o più corpi che cambia il loro stato di moto (o di quiete).

La forza di gravità, oggi
Oggi la legge di gravitazione universale proposta da Newton per descrivere questa interazione è stata superata da una teoria più completa, la Teoria della Relatività Generale di Einstein.
Tenete presente che per Einstein abbandonare la legge di gravitazione universale non fu una scelta facile. All’epoca – inizio Novecento – le teoria di Newton aveva superato tantissimi test sperimentali, arrivando addirittura a predire l’esistenza di un nono pianeta nel Sistema Solare: nel 1846 venne infatti scoperto Nettuno, nel punto esatto previsto dalle formule.
I motivi che spinsero Einstein, durante la formulazione della sua nuova teoria, ad abbandonare Newton, furono essenzialmente due: uno di carattere sperimentale e uno di carattere teorico.
Da una parte la teoria di Newton non riusciva a spiegare una particolare caratteristica dell’orbita di Mercurio, il pianeta del Sistema Solare più vicino al Sole (per gli appassionati di astronomia: il perielio di Mercurio “slittava” in maniera anomala rispetto all’orbita prevista da Newton).
D’altra parte Einstein aveva già formulato nel 1905 la Teoria della Relatività Speciale – la parte della Teoria di Einstein che non si occupa della gravità – e sapeva una cosa fondamentale. Secondo la Relatività, infatti, la distanza tra due punti, quella che noi misuriamo con il righello, non è unica, ma dipende dallo stato di moto di chi la misura. Significa che se io mi sto muovendo a una velocità diversa da te e proviamo a misurare lo stesso oggetto, troveremo due risultati diversi. È un’idea molto controintuitiva, lo so, soprattutto per il fatto che la differenza è spesso incredibilmente piccola e non la notiamo. Per ora fidatevi di me. Un giorno ne parleremo.
Fatto sta che la legge di gravitazione universale di Newton dipende proprio dalla distanza tra i corpi in gioco. Ma se la distanza cambia a seconda di chi la misura, quale bisogna usare?
Questa particolare e brillante domanda, più di ogni altra cosa, convinse Einstein che la legge di Newton era in qualche modo sbagliata.
Tra l’altro è interessante notare che la motivazione sperimentale – quella a proposito di Mercurio – e la motivazione teorica sono in qualche modo intrecciate tra loro: la legge di Newton è infatti sbagliata proprio perché dipende dalla distanza tra i corpi in gioco. L’errore – che di solito non si nota – è palese quando la forza di gravità è molto intensa. Mercurio è vicino al Sole e sente quindi un’intensa forza di gravità. Ecco perché le formule di Newton non funzionano in quel caso.

Bonus: Il tempo non è quello che pensiamo
Abbiamo detto che per la Teoria della Relatività, sia quella Speciale che quella Generale, la distanza non è una misura univoca, ma cambia a seconda di chi la osserva. E abbiamo detto che non solo lo stato di moto (la velocità) di chi sta misurando influisce sul risultato, ma – come nel caso di Mercurio – anche l’intensità della forza di gravità ha degli effetti sulla misura.
Il fatto ancora più stupefacente è che non solo le distanze sono affette da questo fenomeno. Siccome in Relatività il tempo e lo spazio sono fusi in un unico concetto, chiamato spaziotempo, anche il tempo è relativo, ossia cambia in base allo stato di moto dell’osservatore e all’intensità della forza di gravità dove è effettuata la misura.
Sono idee un po’ complesse da comprendere senza guardare delle formule, ma per ora è sufficiente che vi facciate un’idea. Per aiutarvi potete guardare i primi 10 minuti di questo video di Carlo Rovelli, noto fisico teorico italiano. Parla della relatività del tempo e di come è influenzato della gravità. Quando comincia a parlare dell’equazione di Wheeler-DeWitt potete fermarvi.


Parleremo più avanti della Teoria della Relatività e capiremo meglio questi concetti. Per ora fermiamoci qua.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

Hubble ha visto cose
Hubble è un telescopio spaziale che orbita intorno alla terra e che da venticinque anni fornisce immagini fantastiche dell’universo. Parleremo un giorno della sua storia.
In questi giorni Hubble ha scattato delle nuove foto alla galassia NGC 6052, che si trova a 230 milioni di anni luce da noi nella costellazione di Ercole.
Una galassia è un grande insieme di stelle, “sistemi solari”, ammassi stellari, polveri, gas e detriti tenuti insieme dalla forza di gravità, La nostra galassia è chiamata Via Lattea, è quella grande fascia biancastra visibile a occhio nudo ne cielo notturno.
Sin dal 1969 ci si era accorti che NGC 6052 aveva una struttura strana. Dieci anni dopo qualcuno sospettò che non si trattasse di una galassia, ma di due galassie in collisione a causa della grande forza di gravità reciproca. E in effetti è così.
Nell’immagine seguente – una recente foto scattata da Hubble sovrapposta a una dell’osservatorio Apache Point (SDSS), – potete notare la struttura irregolare (si ingrandisce con un click).

NGC6064
Ecco invece la stupenda foto ad alta risoluzione scattata qualche giorno fa (si ingrandisce con un click).


Quattro nuovi elementi sulla tavola periodica
L’Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC) ha riconosciuto la scoperta, ossia la produzione sulla terra, degli elementi 113, 115, 117 e 118 della tavola periodica. Questi elementi chimici erano stati scoperti qualche anno fa, ma c’è voluto del tempo perché la IUPAC analizzasse gli studi prodotti in questi anni per confermarne l’effettiva produzione.
I gruppi di ricerca che li hanno prodotti hanno ora il diritto di scegliere il nome e il simbolo degli elementi chimici, che per ora erano chiamati ununtrium (Uut), ununpentium (Uup), ununseptium (Uus) e ununoctium (Uuo). Il settimo periodo (la settima riga) della tavola periodica è dunque completo.


L’Europa su Marte
L’ESA (l’agenzia spaziale europea) conferma che partirà a marzo la missione ExoMars. La missione, coordinata dall’Agenzia Spaziale Italiana, prevede nel 2016 il lancio di un satellite e di un dimostratore di atterraggio su Marte. Nel 2018 verrà invece inviato un rover. L’era dei viaggi su Marte si avvicina.

La Teoria delle Stringhe fa discutere
Vi avevo anticipato che negli ultimi tempi la Teoria delle Stringhe sta disilludendo molti fisici: non spiega più fenomeni di quanto facciano altre teorie quantistiche, ha qualche pregio ma vari difetti, tra i quali il fatto di non definire univocamente alcune quantità. Inoltre una delle sue predizioni più importanti – l’esistenza delle particelle supersimmetriche – non è stata ancora confermata nonostante i grandi progressi negli esperimenti. Non significa che queste particelle non esistano del tutto, ma non è bello non trovarle mai.
Lo scorso dicembre c’è stato un workshop su come riformulare il metodo scientifico in fisica moderna, un dibattito motivato soprattutto dal fatto che negli Stati Uniti la definizione di teoria scientifica è stata resa molto – forse fin troppo – rigorosa per contestare alle congregazioni religiose l’insegnamento del creazionismo nelle scuole. Il dibattito si sta focalizzando anche sulla Teoria delle Stringhe. Davide Castelvecchi su Nature (inglese) si chiede addirittura se sia scienza.

Per approfondire
– la legge di gravitazione universale ricavata come fece Newton (attenzione, formule)
– come funziona la gravità secondo Einstein (video in inglese)
– un riassuntone base della Teoria della Relatività Generale, per chi vuole buttarsi avanti
– le cento migliori foto di Hubble
– cosa è speculazione e cosa è scienza? Un articolo di Ellis e Silk (inglese, niente formule, un po’ tecnico)


Aggiornamento
Quando ho scritto che le leggi di Galileo descrivevano la dinamica dei corpi, intendevo la cinematica. Mi scuso per la svista. Grazie a chi me l’ha segnalato.

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