L’entanglement
Se ve lo siete chiesti, no, la newsletter non è sparita. Ho dovuto metterla in pausa inaspettatamente e riesco a riprenderla solo oggi. Detto questo, ringrazio chi in queste settimane si è iscritto sulla fiducia, magari dimenticandosi di averlo fatto. Impavidi.
Prima, però, ecco la seconda puntata del podcast Storie, in cui intervisto giovani ricercatori in fisica. È la volta di Fabrizio Larcher, che si occupa di fisica dei fluidi ultrafreddi all’università di Trento. Lo trovate qui.
Ascolta 2. I fluidi ultrafreddi” su Spreaker.
Oggi parliamo dell’entanglement, che è forse uno dei fenomeni più esotici e controintuitivi della fisica moderna, tanto che anche i fisici rischiano di fare confusione quando ne parlano. Cercherò di fare del mio meglio.
In fondo alla newsletter trovate la vignetta di Ale.
Se avete domande scrivetemi a spacebreak [at] francescobussola.it.
Potete seguirmi su facebook e twitter.
Di cosa parliamo oggi
– i sistemi quantistici
– il problema della misura
– l’entanglement
– pillole
L’entanglement
Nella scorsa newsletter, così come in altre occasioni, abbiamo avuto modo di ricordare che le particelle in natura non si comportano sempre come delle “palline”, ma spesso hanno un comportamento simile alle onde: riescono a superare parzialmente gli ostacoli (effetto tunnel), attraversano due fessure contemporaneamente e non possiamo determinare contemporaneamente la loro posizione e la loro velocità, così come faremmo con una biglia. Della loro natura i fisici riescono a dare solo una descrizione probabilistica. Ad esempio: qual è la probabilità che, provando a misurare una particella in una certa posizione, la trovi esattamente lì?
Questo accade non tanto per l’incapacità dei fisici di essere più precisi con i loro esperimenti, ma apparentemente per un limite intrinseco della natura, che a scale microscopiche comincia a comportarsi in maniera strana.
In termini fisici questo concetto si traduce così: le particelle non si trovano quasi mai in un preciso stato fisico, ben definito. Molto spesso sono in una sovrapposizione di stati.
In altre parole, non è colpa nostra se non riusciamo a dire a priori dove si trova una particella, perché, quando si comporta come un’onda, si trova un po’ qui e un po’ là con una certa probabilità. Fortunatamente riusciamo a codificare questa e altre informazioni probabilistiche in un oggetto matematico chiamato funzione d’onda.
Se vi ricordate questa newsletter, è proprio questo comportamento ondulatorio che permette a una particella di passare attraverso due fessure contemporaneamente. Non mi dilungo: ne abbiamo già parlato qui, qui, qui, qui e qui.
I sistemi quantistici e la misura
Un sistema quantistico è un insieme di particelle, descritte appunto da una funzione d’onda. Come già detto, di loro non possiamo sapere tutto a priori: possiamo preparare queste particelle affinché abbiano una certa energia o siano confinate in una scatola, ma per conoscere alcune loro caratteristiche, le dobbiamo misurare.
Misurare una quantità fisica sembra un’operazione piuttosto semplice, se si trascurano gli errori di misurazione. Pensateci, se state guardando la Formula 1 potete conoscere la posizione e la velocità di ogni macchina quando volete. È facile misurarle.
Le cose si fanno più complicate però quando stiamo studiando delle particelle, che seguono le leggi della Meccanica quantistica. Supponiamo di voler misurare la posizione di una particella confinata in una scatola. Prima di misurarla sappiamo solo che la particella, che si sta comportando come un’onda, non si trova in un luogo preciso della scatola: si trova in una sovrapposizione di stati. È un po’ qui e un po’ là, con una certa probabilità. Si dice in questo caso che la sua funzione d’onda è delocalizzata, perché la particella non è precisamente in alcun luogo. Effettuando la misura, ossia misurando la posizione della particella, la sua funzione d’onda cambia, collassando in un punto preciso della scatola e la particella non si trova più in una sovrapposizione di stati, ma nello stato fisico che localizzato esattamente quel punto.
Sembra un meccanismo complicato e in fondo lo è, perché è molto controintuitivo, ma è fatto di tre semplici passaggi:
1. Prima di misurare la posizione della particella, sappiamo che è delocalizzata, perché si sta comportando come un’onda;
2. Al momento della misura, la funzione d’onda che descriveva la sovrapposizione dei luoghi in cui si trovava, collassa nel punto dove è stata misurata la particella;
3. Effettuata la misura, la particella non si comporta più come un’onda delocalizzata e la sua funzione d’onda non è più una sovrapposizione di stati.
La stessa cosa accade quando volete misurare una qualsiasi altra caratteristica delle particelle, come ad esempio la velocità o lo spin
Cos’è l’entanglement
L’entanglement è forse il fenomeno fisico più controintuitivo della fisica moderna. Ve lo spiego brevemente.
Immaginate di prendere un sistema quantistico formato da due particelle, ad esempio due elettroni, e cerchiamo di preparare questi elettroni affinché si trovino nello stesso stato fisico o, detto più grezzamente, affinché abbiano la stessa energia e la stessa funzione d’onda che ne descriva posizione e velocità. Sappiamo poi che gli elettroni hanno anche un’altra caratteristica fisica, chiamata spin. Ne abbiamo parlato in questa newsletter, ma non è fondamentale ora sapere cosa sia lo spin. Basta sapere che il valore dello spin degli elettroni è 1/2 e che può essere orientato in due direzioni: “su” o “giù”. Quindi un elettrone può avere spin 1/2 su oppure spin 1/2 giù. Altra cosa importante da ricordare è che, come dice il principio di esclusione di Pauli, se due elettroni si trovano nello stesso stato fisico, ossia se sono descritti dalla stessa funzione d’onda, non possono avere entrambi spin su o spin giù, ma devono alternarsi. È una regola della natura.
Ecco, nel nostro esperimento abbiamo preparato due elettroni nello stesso stato fisico e quindi, se uno di questi ha spin su, l’altro avrà spin giù e viceversa. Tuttavia non possiamo sapere quale dei due è su e quale è giù, perché, secondo la Meccanica quantistica questi elettroni si stanno comportando come onde e il loro spin è ora in una sovrapposizione di stati “su” e “giù” (un po’ come il gatto di Schroedinger nella scatola è sia vivo che morto contemporaneamente).
Ora per concludere l’esperimento, immaginate di separare questi due elettroni, trasportandoli in due luoghi molto distanti tra loro.
Ad esempio portiamone uno a Roma e uno a Tokyo. Gli elettroni, pur essendo separati, si trovano ancora nello stesso stato fisico di partenza: hanno una certa energia, una certa funzione d’onda che ne descrive la posizione e la velocità e il loro spin è ancora un miscuglio indefinito di “su” e “giù”.
Immaginate ora che i fisici di Roma provino a misurare lo spin dell’elettrone che hanno a disposizione e che trovino che il suo spin è 1/2 su.
Ecco,siccome l’altro elettrone ha la stessa funzione d’onda, a causa del principio di esclusione di Pauli, istantaneamente si modificherà in modo da avere spin 1/2 giù. Il comportamento dell’elettrone a Tokyo è dunque correlato a quello di Roma: se misuriamo qualche caratteristica fisica dell’elettrone di Roma, modificandone il suo stato e quindi la sua funzione d’onda, influenziamo anche le caratteristiche fisiche dell’elettrone di Tokyo e viceversa. Questa particolare correlazione si chiama appunto entanglement.
I problemi dell’entanglement
Questo strano fenomeno naturale sarebbe già affascinante così, se non creasse anche degli enormi problemi.
Il primo e più importante problema è questo: come fa l’elettrone di Tokyo a sapere istantaneamente che i fisici di Roma hanno misurato lo spin e che hanno trovato spin su?
Questa domanda è molto profonda. Da una parte indaga l’essenza stessa dell’entanglement: al momento della misura viene trasferita informazione da un elettrone all’altro? E se è così, possiamo usare l’entanglement per creare un moderno ed efficientissimo telegrafo senza fili, trasmettendo istantaneamente dei segnali da una parte all’altra del globo?
D’altra parte sorge un grosso problema concettuale: un’altra grande teoria fisica, la teoria della relatività, dice che nulla, compresi i segnali, può viaggiare più velocemente della luce. Significa quindi che abbiamo trovato un controesempio? Non sarà forse che il limite della velocità della luce è sbagliato?
Ne parliamo nella prossima newsletter.
Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
La materia oscura non si vede
Gli scienziati ritengono che l’84% della materia presente nell’universo sia materia oscura. Uno dei modelli più gettonati sostiene che la materia oscura sia fatta da particelle dotate di massa, ma debolmente interagenti, chiamate WIMP. La collaborazione internazionale LUX (Large Underground Xenon) ha cercato di rivelare questo ipotetico tipo di particella, ma l’esperimento non ha dato i risultati sperati.
SpaceX
Avete presente il razzo Falcon9 di SpaceX, quello che atterra in verticale su una chiatta? Questa foto rende bene l’idea di quanto sia grande.
Kepler trova pianeti
Grazie ai dati raccolti dalla missione Kepler, lanciata dalla NASA nel 2009, un gruppo di ricerca della Harvard university ha classificato gli esopianeti individuati dal telescopio suddividendoli in quattro gruppi in base alla loro grandezza e al loro grado di abitabilità. La ricerca di pianeti potenzialmente simili alla Terra al di fuori del Sistema solare continua.
La fisica di Ale
La striscia di oggi. I fumetti di Alessandro sono su Vuoto Comico.
Per approfondire
– Un articolo su Wired, in italiano
– Un articolo su Vice, in italiano
– Un video con le vignette di PhD comics, in inglese
– Un video di TED, con i sottotitoli in italiano
Cos’è la Meccanica quantistica
Abbiamo detto tempo fa che in fisica esistono oggi due grandi teorie comunemente considerate “vere”, perché in grado di descrivere una grande varietà di fenomeni fisici in maniera precisa e coerente: la Teoria della Relatività e la Meccanica quantistica. Della Relatività abbiamo già parlato nelle scorse newsletter – qui e qui. Di essa sappiamo che descrive bene il comportamento dei corpi e della materia ad alte energie: ci permette di studiare il moto di pianeti e stelle, di lanciare satelliti e navicelle spaziali, di comprendere il funzionamento dell’universo. È arrivata addirittura a predire, con sessant’anni di anticipo, l’esistenza delle onde gravitazionali.
Eppure ci sono ambiti dove la Relatività fallisce: se si studiano i processi nucleari o subnucleari, il comportamento microscopico delle molecole, le interazioni tra le particelle, la struttura della materia, la Relatività è muta. A queste scale entra in gioco la Meccanica quantistica.
Di cosa parliamo
– che cos’è la Meccanica quantistica
– alcuni esempi (già fatti)
– cosa dice la Meccanica quantistica
– cose che la Meccanica quantistica sa
– il problemone
– domande e risposte
– pillole della settimana
Cos’è la Meccanica Quantistica
La Meccanica quantistica è una teoria dell’infinitamente piccolo. Ancora una volta, come è accaduto con la Relatività, dovremo abbandonare molti pregiudizi per apprezzarla, perché la natura non si comporta come ci aspettiamo: esplorando il mondo microscopico – o a scale inferiori – si osservano fenomeni bizzarri che non sono spiegabili dal senso comune, né dalla Meccanica di Newton, che studiava la materia come se fosse fatta di piccole palline che si scontrano. Come vedremo, le particelle che compongono la materia non si comportano per niente come palline. Non sempre, almeno.
Perché “quantistica”
L’aggettivo quantistica, come abbiamo già visto, deriva dalla parola quanto. Ci si era accorti studiando l’effetto fotoelettrico (ci arriviamo) che l’energia non viene trasmessa in maniera continua da un corpo a un altro, ma attraverso dei piccoli pacchetti energetici. A questi pacchetti venne dato il nome di quanti. I primi quanti scoperti furono i quanti di luce, ossia i fotoni, che sono quindi pacchetti di energia elettromagnetica. Ritornando al discorso di prima, questi fotoni a volte si comportano come delle palline, altre volte no.
Alcuni esempi (già fatti)
In che senso le particelle, come ad esempio i fotoni, non si comportano come piccole palline? Un esempio che abbiamo già incontrato è quello di un elettrone che si dirige verso una doppia fenditura. Ne abbiamo parlato un paio di settimane fa.
Riassumendo. Se spariamo un elettrone contro due fenditure molto vicine, la Meccanica di Newton ci dice – così come il nostro intuito – che l’elettrone sceglierà di passare o in una fenditura o nell’altra. Un po’ come una pallina che cade nel flipper, che a volte passa a sinistra di ostacolo, a volte a destra con una probabilità del 50%. Sparando tanti elettroni verso le fenditure ci aspettiamo quindi che metà degli elettroni passino dalla fenditura di sinistra, metà da quella di destra, raccogliendosi in due punti su una lastra fotografica posta oltre le fenditure.
Come abbiamo visto, non funziona così: gli elettroni, anche se sparati uno alla volta, si dispongono oltre le fenditure creando una figura di interferenza. Come detto l’altra volta, l’unico modo per interpretare questo fenomeno è accettare che in questo caso gli elettroni – e in generale le particelle – non si comportino come palline, ma come onde. Arrivati alle fenditure, le attraversano entrambe contemporaneamente, un po’ come un’onda del mare che passa da due boccaporti vicini.
L’esperimento della doppia fenditura non è l’unico caso in cui la natura si comporta in modo bizzarro. Altri fenomeni, come il famoso effetto fotoelettrico, scoperto nel 1887, non erano spiegabili dalla Meccanica di Newton o dall’elettromagnetismo di Maxwell. Anche stavolta trovate tutto qui.
Cosa dice la Meccanica quantistica
Se le particelle a volte si comportano come onde, allora la Meccanica di Newton non va bene per descriverle. Serve una nuova Meccanica che tenga conto del loro comportamento anomalo, ossia servono delle nuove leggi fisiche.
Chiaramente non posso insegnarvi la Meccanica quantistica. Avreste bisogno di conoscenze matematiche avanzate e mesi di studio. Però possiamo elencare quali sono i principi cardine di questa teoria, tentando di capirne il significato in maniera un po’ rozza. Per qualsiasi dubbio, scrivetemi.
La dualità onda particella
Della dualità onda particella abbiamo già parlato. La Meccanica quantistica afferma che tutte le particelle – e quindi tutti i corpi, – in determinate circostanze si comportano come onde. È la famosa legge di De Broglie, che però ci dice anche che non è tecnologicamente possibile osservare la natura ondulatoria dei grandi corpi (grandi quanto? Eh, questo è un problemone. Ci torniamo). Però ci riusciamo per corpi piccoli, come ad esempio gli elettroni.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg
Il principio di indeterminazione di Heisenberg dice che non è possibile conoscere con precisione arbitraria la posizione e la velocità di una particella. È una questione molto complicata, che ha lasciato perplessi i fisici per molto tempo e che riguarda il concetto di misura. Se si misura con alta precisione la posizione di una particella, non si è più in grado di determinare la sua velocità e viceversa. Ad esempio se volessimo sapere con precisione qual è la posizione di un elettrone dovremmo provare a colpirlo con un fotone ad alta energia. Durante l’urto, però, l’energia viene trasferita all’elettrone e ne perturba la sua velocità, che quindi non possiamo misurare con precisione.
L’esempio che vi ho fatto è un po’ rozzo, ma rende l’idea delle difficoltà che si incontrano quando si vuole studiare la natura nel piccolo (sì, ma quanto piccolo? È il problemone di prima). Siamo abituati a misurare le quantità fisiche usando degli oggetti (un metro, un termometro, …) e generalmente questi oggetti non disturbano il sistema che stiamo misurando. Quando si studia l’infinitamente piccolo diventa più difficile capire cosa significa “misurare” e, soprattutto, l’atto di misura può influenzare sensibilmente il sistema che stiamo studiando.
Vale la pena dire che il principio di Heisenberg è un po’ più generale di come l’ho presentato qui sopra e che, nelle formulazioni moderne della Meccanica quantistica, è un teorema e può essere quindi dimostrato.
La funzione d’onda
Siccome non possiamo misurare con qualsiasi precisione alcune proprietà delle particelle – come la posizione e la velocità – siamo costretti a cambiare approccio: se non possiamo dire “la particella è qui e viaggia a questa velocità”, possiamo però dire qual è la probabilità di trovare una particella in una certa posizione o a una certa velocità. Questa descrizione probabilistica dello stato fisico di una particella è chiamata funzione d’onda. Ad esempio nel caso dell’esperimento della doppia fenditura, la funzione d’onda ci dice che la probabilità che la particella passi nella fenditura di sinistra è il 50% – che è un modo un po’ meno rozzo di dire che la particella passa da entrambe le fenditure. Chiaramente quello che adesso sembra solo un gioco di parole ha in realtà un preciso significato matematico, che però non indaghiamo oltre. Ci basta sapere una cosa: questa idea della funzione d’onda ha risolto parecchi problemi.
Cose che la Meccanica quantistica sa
Senza addentrarci nella fisica delle particelle, o in effetti quantistici esotici come l’entaglement (ne parleremo), la Meccanica quantistica è in grado di spiegare una quantità enorme di fenomeni. Dal funzionamento delle chiavette USB alla risonanza magnetica, questa Teoria ha trovato infinite applicazioni tecnologiche. Pensate che tutta la chimica moderna si basa sui principi della Meccanica quantistica, lo studio delle funzioni d’onda e di come queste cambiano quando si formano i legami chimici.
Il problemone
Nel corso della newsletter abbiamo visto che la Meccanica quantistica funziona nel piccolo, ma non nel grande. Ma piccolo quanto? Purtroppo non esiste ancora un modo per definire con precisione il limite di validità della Teoria. Questo, capirete anche voi, è un problema sia dal punto di vista pratico che da quello concettuale. Quando va usata la Meccanica quantistica e quando la possiamo approssimare usando le formule della Relatività? E se non riusciamo a capire dove inizia e dove finisce, non è che ci sfugge qualcosa?
I fisici da anni stanno provando a rispondere a queste domande, nel tentativo di trovare una teoria unica che inglobi la Meccanica quantistica e la Teoria della Relatività di Einstein, ma ancora non ci sono riusciti.
Domande e risposte
Alcune domande che mi avete fatto e alcune risposte.
Perché c’è tutto questo clamore per Samantha Cristoforetti? Che ha di speciale?
Samantha Cristoforetti è stata la prima donna italiana selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea come astronauta. Questo forse basta a giustificare il grande interesse che ha suscitato, ma certo non spiega l’enorme copertura mediatica. Samantha, oltre ad avere i suoi account social come gli altri astronauti, ha cogestito un blog sulla sua missione, effettuato molti collegamenti tv, risposto alle domande degli appassionati. Era inoltre disponibile una webapp (Friends in space) per salutare Samantha al passaggio della ISS e da cui lei poteva rispondere con un click. E poi, ovviamente, è stato fatto il docufilm Astrosamantha.
Il tutto rientra in un progetto per spronare quelle ragazze che potrebbero intraprendere una carriera scientifica, ma non lo fanno perché sono senza un modello di riferimento. Chi meglio di Samantha, ingegnere, pilota, astronauta, poteva fare da testimonial per una campagna di questo tipo?
Hai detto che la cometa Catalina sta attraversando il Sistema solare e non tornerà mai più. Dove andrà a finire?
Continuerà probabilmente a vagare nello spazio. La sua orbita l’ha portata fuori dal Sistema solare. Forse si scontrerà con qualche altro oggetto celeste – magari un giorno verrà attirata da una stella diversa dal Sole – ma se accadrà non sarà tanto presto. Lo spazio è piuttosto vuoto.
A cosa serve la pura osservazione di fenomeni fisici, come quella delle onde gravitazionali, se non porta innovazioni tecnologiche?
È vero, la scoperta delle onde gravitazionali non ha una ricaduta tecnologica diretta, ma ci sono già molte ricadute tecnologiche indirette: per arrivare a compiere quegli esperimenti sono stati sviluppati sistemi di ultra vuoto, laser ad altissima coerenza, camere di risonanza a elevato rendimento, materiali innovativi e unici nel loro genere. Senza contare lo sviluppo di complicati modelli di analisi numerica, che potranno essere utilizzati anche in altri ambiti, un giorno. Inoltre, come ogni scoperta, non sappiamo dove ci porterà. L’osservazione delle onde gravitazionali ci permetterà di studiare una parte di universo che fino ad oggi era rimasta nascosta e non sappiamo quali conseguenze avranno questi studi. Ci possono volere anni, decenni, forse secoli, ma la conoscenza porta sempre al progresso tecnologico, prima o poi.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
L’equinozio di primavera, un giorno prima
Quest’anno l’equinozio di primavera è arrivato il 20 Marzo, non il 21. C’entrano i moti millenari della Terra e il modo in cui calcoliamo il calendario. Non mi dilungo: hanno detto tutto su Gravità Zero.
ISS: c’è chi viene e c’è chi va
Dopo il rientro di Scott Kelly, Mikhail Kornienko e Sergey Volkov, è partita la Expedition 47 verso la ISS con gli astronauti Jeff Williams, Oleg Skripochka e Alexey Ovchinin. Qui il video.
Per approfondire
– La Meccanica quantistica, raccontata da Roberto Battiston, presidente dell’ASI (video)
– Una rassegna di articoli sulla Meccanica quantistica, che integrano quello che vi ho detto (EDIT: mi chiedono che avvallo i contenuti del sito linkato che parlano di olismo e medicina non convenzionale. No, ma gli articoli di Antonella Ravizza – come quello che ho linkato – sono prettamente scientifici)
– Quark, con i disegnini. Che bello che era (video breve)
– La differenza tra la Meccanica quantistica e la Meccanica classica, spiegata da Carlo Rubbia (video)
La dualità onda particella
Per affrontare l’argomento di oggi dovete abbandonare molti pregiudizi. Il modo in cui leggiamo il mondo è basato sulla nostra esperienza, ma, come abbiamo visto parlando della Relatività, l’esperienza può indurci a trarre conclusioni errate su come funziona la natura.
Cercate di fidarvi di quello che vi dico e, se alcune cose vi sembreranno assurde, mantenete una mente aperta e curiosa: è la natura che vi sfida, non io.
Di cosa parliamo oggi
– cosa sono le particelle
– le onde elettromagnetiche
– il fotone
– la dualità onda particella
– pillole della settimana
Cosa sono le particelle, a spanne
Da qualche secolo l’uomo si è convinto che la materia sia composta di piccole particelle. La convinzione nasce da un’idea semplice: cosa accade se continuiamo a tagliare un oggetto a metà? È ragionevole pensare che, prima o poi, non sia più possibile dividerlo, che esista un granello fondamentale indivisibile, un costituente primo della materia. Questa idea molto ragionevole, però, da sola non va molto lontano, perché non ci dice la natura di quel granello – cos’è e come è fatto. Esistono granelli diversi per ogni cosa? I granelli che, uniti, compongono un mattone sono uguali a quelli che compongono l’acqua o il nostro corpo?
Il filosofo greco Democrito (460 a.C) pensava che i granelli fondamentali, che lui chiamava atomi (àtomos = indivisibile), differissero tra loro solo per dimensione e forma e che si muovessero colpendosi a vicenda e combinandosi in varie configurazioni.
Sappiamo oggi che la materia è composta effettivamente di atomi e che questi differiscono tra loro per dimensione, forma e altre proprietà fisiche. Sappiamo anche che gli atomi, combinandosi tra loro, formano delle molecole e che le molecole creano i materiali più disparati, dalla grafite all’acqua, dal poliestere allo zucchero di canna. L’idea di Democrito era insomma buona, ma è rimasta sopita per duemila anni, in attesa che si trovasse un modo per studiarla con concretezza attraverso i principi della chimica.
Però la storia non finisce qua. Abbiamo anche scoperto che gli atomi non sono poi così “indivisibili”, ma sono formati da granelli più piccoli, chiamati protoni, neutroni e elettroni, e che i protoni e i neutroni a loro volta sono formati da altri granelli detti quark. Al giorno d’oggi chiamiamo tutti questi granelli particelle e li classifichiamo in due gruppi. Le particelle più semplici, che secondo le nostre conoscenze non sono formate da parti più piccole, le chiamiamo particelle elementari. Un esempio di queste particelle sono i quark. Le loro combinazioni – come ad esempio i protoni, i neutroni, gli atomi o le molecole, – sono chiamate invece particelle non elementari.
Ora però saltiamo di palo in frasca e parliamo di onde elettromagnetiche. Dopo vi spiego perché.
Le onde elettromagnetiche
Le onde sono delle perturbazioni che partono da una sorgente e si propagano nel tempo e nello spazio, trasportando energia. Molte cose in natura si comportano come onde: le increspature sull’acqua quando gettiamo un sasso – gli tsunami ad esempio sono onde che trasportano tantissima energia e sono in grado di distruggere chilometri di costa, – le scosse sismiche di un terremoto, il suono che si propaga nell’aria e che, alla giusta frequenza, può rompere un bicchiere.
Certo, non tutte le onde sono uguali. Alcune onde oscillano in un modo, altre in un altro, alcune hanno bisogno di un mezzo in cui propagarsi, altre invece possono viaggiare anche nel vuoto.
Anche la luce si comporta come un onda. Anzi, non solo la luce che vediamo. Tutti i fenomeni elettromagnetici, come le microonde, gli infrarossi, i segnali radio, i raggi X e quelli ultravioletti, si propagano come delle onde e trasportano energia. La natura ondulatoria della luce è un dato di fatto sin dall’Ottocento ed è stata scoperta studiando le figure di interferenza di cui abbiamo parlato tempo fa. Quando infatti due onde si incrociano, si sommano o si cancellano a vicenda dando origine a delle forme particolari con dei picchi – dove le creste delle onde si sommano – e delle conche, come in questa animazione.
E questo accade anche alla luce. Supponiamo di puntare una torcia verso una parete in cui è stato fatto un piccolo foro. Cosa accade su uno schermo posto dall’altra parte della parete? Come immaginate apparirà un piccolo puntino luminoso, come questo.
Se però facciamo due fori molto vicini l’uno all’altro cosa ci aspettiamo di vedere? L’intuito ci induce a pensare che vedremmo due puntini luminosi in corrispondenza dei due fori.
Invece non è così. Se la luce passa attraverso due fori si forma una figura di interferenza, come quella qui sotto.
Come è possibile? La spiegazione per questa figura è che la luce non si comporta come una freccia che viaggia dritta, ma come un’onda. Arrivata alle fenditure si propaga in maniera ondulatoria in tutte le direzioni e, come nell’animazione di prima, le increspature si combinano creando dei picchi e delle conche sullo schermo, ossia delle zone illuminate e delle zone d’ombra. Questa volta non si tratta di onde del mare, ma di onde di luce.
La luce, quindi, e tutti gli altri segnali elettromagnetici, hanno una natura ondulatoria. Le chiamiamo infatti onde elettromagnetiche e, chiaramente, trasportano energia. La luce del Sole scalda, no?
Il fotone
Nell’Ottocento fu studiato un nuovo fenomeno fisico che venne chiamato effetto fotoelettrico: una superficie metallica colpita da radiazione elettromagnetica acquistava una carica elettrica positiva. Più si aumentava l’energia della radiazione elettromagnetica, più il metallo si caricava positivamente. Era evidente cosa accadeva: la radiazione elettromagnetica trasferiva energia al metallo e gli permetteva di acquistare una carica elettrica. Ma la cosa interessante è che questa carica non si accumulava in maniera continua man mano che si aumentava l’energia della radiazione elettromagnetica. Il processo di carica avveniva a scalini, a scatti. Incrementando lentamente l’energia non accadeva nulla fino a quando, tutto a un tratto, la carica del metallo aumentava di un po’.
Questo strano comportamento a scalini fu studiato per qualche tempo, e un giorno Einstein trovò una spiegazione. Suggerì che l’energia venisse trasferita dalla radiazione elettromagnetica al metallo non in maniera continua, ma discreta, come se fosse spezzettata in tanti piccoli pacchetti. Chiamò questi pacchetti di energia quanti, dando così il via, tra lo scetticismo della comunità scientifica, a quella che divenne poi la Meccanica quantistica.
Ancora più sorprendente fu però quello che scoprì Compton qualche anno dopo: i quanti suggeriti da Einstein sembravano comportarsi come vere e proprie particelle e non avevano massa. Potevano scontrarsi con le altre particelle, un po’ come le bilie si scontrano sul biliardo, e si potevano contare.
La luce quindi, che fino a quel momento era considerata un fenomeno ondulatorio, aveva anche una natura corpuscolare: era composta di piccole particelle, i quanti, che vennero poi chiamati fotoni.
La dualità onda particella
Ma allora la luce è un’onda o è fatta di particelle? Entrambe. I fenomeni elettromagnetici si comportano sia come onde che come particelle, in base a come li osserviamo. Nell’esperimento del doppio foro la luce mostra la sua natura ondulatoria, mentre nell’esperimento di Compton mostra quella corpuscolare.
Che succede se proviamo però a fare l’esperimento del doppio foro con delle altre particelle, ad esempio con gli elettroni?
Immaginiamo di sparare un elettrone alla volta verso due fenditure, creando un bivio che permetta agli elettroni di andare o in un fenditura o nell’altra. Ci aspettiamo chiaramente che l’elettrone – che per noi è essenzialmente un granello, una pallina minuscola, – passi in una delle due fenditure in maniera casuale. Non dovremmo quindi vedere alcuna figura di interferenza: dopo aver sparato tanti elettroni, questi si dovrebbero accumulare in due punti sullo schermo, metà in corrispondenza di un fenditura, metà in corrispondenza dell’altra.
Tenetevi forte. Non è quello che accade.
Gli elettroni, anche se vengono sparati uno alla volta, si dispongono sullo schermo in modo da creare pian piano una figura di interferenza. Qui trovate il video di un esperimento fatto con gli elettroni.
Perché gli elettroni si dispongono in questa maniera, anziché creare due righe in corrispondenza delle fenditure? L’unica spiegazione è che l’elettrone in questo caso non si comporti come una pallina, ma come un’onda. Arrivato in prossimità delle due fenditure, anziché scegliere uno dei due percorsi, passa attraverso entrambe e fa interferenza con se stesso, andando a disporsi sullo schermo in un punto della figura di interferenza. È esattamente quello che fanno i fotoni della luce, solo che quando spariamo un raggio luminoso i fotoni viaggiano molto vicini e non ci accorgiamo di come, uno alla volta, si dispongono sullo schermo.
Per capire meglio cosa accade bisognerebbe avere alcune nozioni di Meccanica quantistica, di cui non ho parlato, ma per ora è sufficiente ricordare questo: anche gli elettroni, come i fotoni, a volte si comportano come onde.
E non solo gli elettroni. Secondo la fisica tutte le particelle hanno una natura corpuscolare e una ondulatoria. Si comportano quindi come corpuscoli o come onde in base a come le si studia. Questo fenomeno è chiamato dualità onda particella.
Sembra un paradosso, lo so, ma il dualismo onda particella è un principio cardine della fisica moderna. La natura ci dà spesso lezioni di umiltà e ci spinge ad abbandonare i nostri pregiudizi sul mondo. Questo è uno di quelli più difficili da accettare.
Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.
Scott Kelly è tornato
Gli astronauti Scott Kelly e Mikhail Kornienko sono tornati sani e salvi sulla Terra dopo un anno vissuto sulla ISS, nello spazio. Ora i cambiamenti del corpo di Scott verranno studiati confrontandolo con suo fratello gemello Mark, che era rimasto sulla Terra. Curiosità: a causa della Teoria della Relatività – sulla ISS il tempo scorre più lentamente che sulla Terra – Scott è ora 10 millisecondi più giovane del suo gemello.
SpaceX è sfortunata
SpaceX ha provato per cinque volte a mandare in orbita il satellite SES-9 con il suo Falcon 9 e per cinque volte il lancio è stato annullato. Durante la missione è previsto anche il rientro del lanciatore Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Due lanci sono stati annullati per problemi del propellente e in un caso il lancio è stato sospeso perché una nave è entrata involontariamente nell’area di sicurezza intorno alla chiatta. Il rientro del lanciatore sarà comunque molto difficile perché SES-9 deve raggiungere un’orbita geostazionaria, che è molto in quota, e quindi rimarrà poco carburante per manovrare il lanciatore durante le fasi di rientro. Un nuovo tentativo è previsto domani.
Feedback
Aspetto le vostre opinioni a spacebreak [at] francescobussola.it
Se vi fa piacere potete far conoscere la newsletter a un amico inoltrandola o suggerendogli di iscriversi.
Per approfondire
– La dualità onda particella, in sette minuti
– L’esperimento degli elettroni, spiegato
– L’effetto Compton, spiegato
– Perché SpaceX annulla così spesso i lanci (inglese)