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LHC down (per colpa di una faina)

Ciao! Oggi niente lezione di fisica, perché sono un po’ preso da alcuni lavori. Ne approfittiamo per riposarci un attimo. I nuovi arrivati che vogliono leggere qualcosa sulla fisica moderna trovano le vecchie newsletter sul mio blog. Da gennaio abbiamo parlato di un bel po’ di argomenti: la Teoria della Relatività Speciale e Generale, la Meccanica quantistica, il dualismo onda-particella, le quattro forze fondamentali, il gatto di Schrödinger, la radiazione di Hawking, il modello Standard delle particelle, il CERN, il paradosso dei gemelli, i buchi neri e ovviamente le onde gravitazionali. Ce ne è per tutti i gusti.

Ci sono parecchie notizie interessanti questa settimana. Tanto per dirne alcune, l’esperimento LHC è stato fermato per colpa di una faina, i ricercatori di LIGO hanno guadagnato tre milioni di dollari, il satellite Hitomi è morto e SpaceX ha spiazzato tutti – tanto per cambiare – dicendo che vuole andare su Marte tra due anni.

Di cosa parliamo oggi
– LHC down per colpa di una faina
– tre milioni di dollari ai ricercatori LIGO
– Hitomi non ce l’ha fatta
– SpaceX su Marte nel 2018
– inaugurato un nuovo cosmodromo a Vostochny, in Russia
– il transito di Mercurio davanti al Sole
– un test per la gravità quantistica

LHC down
Il Large Hadron Collider del CERN (cos’è?) è stato spento per un paio di giorni dopo che una faina è salita sui terminali di un trasformatore elettrico, mandandolo in corto circuito. Il corto circuito ha fatto spegnere il sistema di criogenia dell’acceleratore di particelle – che è solitamente mantenuto a una temperatura di poco superiore a -273°C. Un innalzamento della temperatura anche di pochi decimi di grado sembra poca cosa, ma a temperature così basse richiede tempo per ristabilire le condizioni ottimali per gli esperimenti. Nonostante l’intoppo non ci sono state gravi conseguenze per LHC, che ieri è stato rimesso in funzione. Lo stesso non si può dire della faina, che si è presa una scarica elettrica da 66 mila volt.

Tre milioni di dollari ai ricercatori LIGO
Il fisico e milionario russo Yuri Milner – quello del progetto Breakthrough starshot – ha deciso di devolvere tre milioni di dollari ai ricercatori che hanno partecipato alla scoperta delle onde gravitazionali. Questa somma si aggiunge ai tre milioni di dollari che elargisce ogni autunno come premio per le migliori scoperte in fisica fondamentale. Dei tre milioni, uno verrà diviso dagli ideatori dell’esperimento LIGO – Kip Thorne, Rainer Weiss e Ronald Drever – mentre i rimanenti due milioni saranno distribuiti tra i mille scienziati che hanno firmato l’articolo pubblicato sul Physical Review Letters.

Hitomi non ce l’ha fatta
Da qualche settimana l’agenzia spaziale Giapponese JAXA non è più in grado di comunicare con il satellite a raggi X Hitomi, lanciato a Febbraio. Il guasto è probabilmente dovuto al completo distacco dei pannelli solari dal satellite, che è quindi inutilizzabile. JAXA ha deciso interrompere ogni tentativo di recupero. Ora sarà importante capire se la rottura è stata causata da un problema di progettazione, di costruzione o se il satellite è stato danneggiato inavvertitamente durante le fasi di trasporto e lancio. Della analisi preliminari parrebbe che si tratti di un errore di programmazione informatica: il computer di Hitomi avrebbe accelerato la rotazione del satellite, anziché rallentarla.

SpaceX su Marte nel 2018?
Una notizia che mi era sfuggita. Con un tweet SpaceX ha annunciato di voler lanciare una capsula Red Dragon su Marte entro il 2018. La missione avverrebbe senza equipaggio, ma la notizia, che ha colto tutti di sorpresa, rafforza le impressioni che SpaceX e la NASA possano presto collaborare per una missione su Marte.

 

La capsula Red Dragon è un veicolo spaziale progettato per effettuare missioni di atterraggio su Marte in assenza di equipaggio. Queste missioni, oltre ad avere obiettivi scientifici, serviranno a sperimentare le tecnologie necessarie per far atterrare dei grandi carichi sul pianeta senza l’utilizzo di un paracadute.

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(Credit: SpaceX Photos – Dragon to Mars, CC 0)

Un nuovo centro spaziale in Russia
Giovedì scorso è stato inaugurato un nuovo cosmodromo a Vostochny, in Russia. Il centro spaziale di Vostochny è stato costruito per diminuire la dipendenza della Russia dalla base di lancio di Baikonur, in Kazakhistan, che costa al governo russo circa 115 milioni di dollari all’anno di affitto.
Purtroppo uno dei nanosatelliti lanciati durante l’inaugurazione non trasmette alcun segnale. Molto probabilmente dopo l’immissione in orbita non si è acceso. Ecco il video del lancio inaugurale, con le tipiche simulazioni di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa.


 

Mercurio davanti al Sole
Lunedì 9 Maggio il pianeta Mercurio transiterà davanti al Sole. Il fenomeno sarà visibile per tutto il pomeriggio. Per effettuare delle osservazioni basterà un piccolo telescopio o anche un buon binocolo con un cavalletto. È importante utilizzare dei filtri solari professionali, per evitare di bruciarsi la retina. Il prossimo passaggio di Mercurio sul Sole sarà nel novembre del 2019.

Un test per la gravità quantistica
Un gruppo di ricercatori italiani della SISSA di Trieste, del LENS di Firenze e dell’INFN di Padova hanno proposto un modello per conciliare la Relatività e la Meccanica quantistica. Come abbiamo spesso detto le due teorie non si parlano molto e da tempo i fisici cercano di unificarle in una teoria più generale. Il modello proposto di fisici italiani prevede che lo spaziotempo abbia una struttura granulare e discreta, anziché continua e liscia. Il modello, pur preservando il principio di causalità (nessun segnale può viaggiare più velocemente della luce), rinuncia a quello di località, ossia postula l’esistenza di fenomeni non locali. Il modello si aggiunge ai tanti presentati ogni anni da fisici di tutto il mondo, ma ha un aspetto importante: la possibilità, almeno sulla carta, di verificarne sperimentalmente i risultati utilizzando un piccolo chip al silicio. Questo modello è dunque un buon esempio di come viene condotta la ricerca scientifica: si fanno delle ipotesi, anche azzardate, e si cerca un modo di confrontarle con la realtà. Modelli che non possono essere testati sperimentalmente – oggi o in futuro, – non possono essere falsificati e non sono quindi buoni modelli fisici.

Feedback
Se volete contattarmi potete scrivere a spacebreak [at] francescobussola.it o rispondere a questa mail. È uguale.
Se vi fa piacere potete far conoscere la newsletter a un amico inoltrandola o suggerendogli di iscriversi.

  (Credit: NASA)

Il paradosso dei gemelli

Nella Relatività Speciale esiste un paradosso, chiamato paradosso dei gemelli. Il paradosso è dovuto al fenomeno della dilatazione dei tempi di cui abbiamo già parlato. Per mettervi al pari e capire il paradosso potete leggere il riassuntino qua sotto, oppure dare una letta qui.
Ah, la prossima volta ci sarà in newsletter anche un breve spazio di domande e risposte. Potete inviarmi le domande a spacebreak [at] francescobussola.it, oppure su twitter o facebook.

Di cosa parliamo oggi
– il paradosso dei gemelli
– come si risolve?
– pillole della settimana

Il paradosso dei gemelli
Prima di parlare del paradosso dei gemelli, mi sembra il caso di fare tre righe di riassunto. Pronti? Via.

Riassuntino veloce veloce
La Teoria della Relatività Speciale di Einstein predice che se facciamo viaggiare degli orologi su un aereo, questi scandiranno il tempo più lentamente rispetto a quelli che sono sulla Terra. Insomma, il tempo scorre più lentamente quando ci si muove. Questo fenomeno, totalmente controintuitivo, è stato verificato sperimentalmente ed è oggi uno dei principi cardini della fisica.

I gemelli Scott e Mark
Immaginiamo che ci siano due gemelli, Scott e Mark, entrambi astronauti. Scott e Mark si trovano entrambi sulla Terra fino a quando la NASA non decide di mandare Scott in missione nello spazio. Scott dovrà viaggiare a velocità elevatissime con una navicella spaziale, effettuare alcuni test scientifici fermandosi al di fuori del Sistema Solare e infine tornare sulla Terra per comunicare i risultati. A Scott vengono date provviste per dieci anni: la missione è molto complessa, il viaggio lungo e gli esperimenti dovranno essere ripetuti più volte per verificare i risultati. Il 17 Marzo 2016, Scott parte, mentre suo fratello Mark rimane sulla Terra per addestrare dei giovani astronauti.

Il viaggio
La navicella con cui viaggia Scott si muove a velocità costante allontanandosi dalla Terra. Nello spazio non è difficile: una volta raggiunta la velocità desiderata, basta spegnere i motori e la navicella continua a viaggiare perché non c’è l’attrito dell’aria. Supponiamo che la navicella di Scott viaggi a circa 290 mila Km al secondo – una velocità prossima alla velocità della luce. Per gli effetti della Relatività Speciale l’orologio che si trova sulla navicella scandisce il tempo più lentamente di quelli che si trovano sulla Terra. Per dare dei numeri, a 290 mila Km al secondo gli orologi scorrono quasi 4 volte più lentamente, il che significa che un minuto sulla navicella corrisponde a quattro minuti sulla Terra. Insomma, quando sulla navicella passa un minuto, sulla Terra ne passano quattro,
Immaginiamo ora che Scott viaggi per quattro anni a queste velocità, si fermi per un paio d’anni al di fuori del Sistema Solare per effettuare gli esperimenti e poi decida di tornare sulla Terra per evitare di finire il cibo a disposizione. Una volta tornato sulla Terra avrà viaggiato complessivamente per otto anni – sui dieci della missione – a velocità prossime a quelle della luce.
Dalla partenza, il 17 Marzo 2016, Scott è dieci anni più vecchio ma, siccome sulla Terra il tempo è trascorso quattro volte più velocemente durante gli otto anni di viaggio di Scott, suo fratello Mark non sarà più vecchio di dieci anni, ma di trentaquattro (8[anni in viaggio]x4+2[anni di esperimenti]=34). All’arrivo di Scott, sulla Terra è il Marzo 2050, non il Marzo 2026.

Il paradosso
Fin qua è tutto molto assurdo ma, se la Relatività è vera (lo è) e se il fenomeno della dilatazione del tempo esiste (esiste), il ragionamento non fa una grinza: durante gli otto anni di viaggio a quelle velocità, il tempo sulla Terra è trascorso quattro volte più velocemente. Al loro incontro i due gemelli avranno età diverse: Scott sarà invecchiato di dieci anni, mentre Mark di trentaquattro. Dunque qual è il paradosso?
Il paradosso nasce dal principio cardine della Relatività Speciale, il principio di relatività. Il principio di relatività afferma che le leggi fisiche sono le stesse per tutti i sistemi di riferimento inerziali. Cosa significa? Significa, in questo caso, che sia Scott che Mark devono poter leggere il mondo con le stesse leggi fisiche.
Fin’ora infatti abbiamo osservato tutto il viaggio di Scott come se fossimo sulla Terra insieme a Mark: Scott è partito, ha viaggiato rispetto a noi a una velocità prossima a quella della luce per raggiungere lo spazio profondo, si è fermato e poi è tornato indietro sempre a una velocità elevatissima. Ma nulla ci impedisce di metterci dal punto di vista di Scott. Mentre viaggia, guardando fuori dall’oblò della navicella, Scott vedrebbe la Terra allontanarsi da lui a grande velocità. Se non sapesse di essere un astronauta su una navicella potrebbe credere di essere fermo in mezzo allo spazio, mentre la Terra fugge via. Potrebbe insomma avere la stessa sensazione che abbiamo quando vediamo il treno in fianco al nostro muoversi e non capiamo se è il nostro treno che parte o se siamo fermi. La velocità è infatti un concetto relativo e dipende da chi la misura: per Mark è Scott a muoversi con la sua navicella. Dal punto di vista di Scott è la Terra ad allontanarsi da lui.
Considerando Scott come se fosse fermo, allora sarebbe la Terra, insieme a Mark, a muoversi a 290 mila Km al secondo. Perciò il tempo dovrebbe dilatarsi sulla Terra, non sulla navicella. Dovrebbe insomma accadere il contrario di quanto abbiamo detto prima: quando sulla Terra passa un minuto, sulla navicella ne passano quattro. Seguendo questo ragionamento quindi sarebbe Scott a invecchiare quattro volte più velocemente di Mark, non viceversa.
Il paradosso dei gemelli è questo qua: dal punto di vista di Scott, Mark dovrebbe invecchiare. Dal punto di vista di Mark, dovrebbe invecchiare Scott. Cosa accade davvero?

Prima di dare la soluzione, ecco una bella foto di Mark e Scott Kelly, i due astronauti NASA che si sono prestati per davvero a un esperimento simile a quello che abbiamo raccontato, senza però viaggiare nello spazio profondo. Ne abbiamo parlato qui. Dopo l’esperimento, durato un anno, uno dei due è 10 millisecondi più vecchio dell’altro.

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Mark e Scott Kelly (Credit: NASA)

La soluzione
Per risolvere il paradosso bisogna prestare un po’ di attenzione a come si svolge l’esperimento. La situazione non è infatti completamente speculare, anche se sembrerebbe di sì. Il paradosso nasce appunto applicando il principio di relatività: i punti di vista di Mark e Scott ci sembrano equivalenti e saltando dall’uno all’altro non sappiamo più da che parte il tempo scorre più veloce o più lento.
I due punti di vista, però, non sono equivalenti. A differenza di Mark, che se ne sta comodo sulla Terra, Scott è soggetto a forti decelerazioni e accelerazioni: il razzo deve lanciare la navicella nello spazio, la navicella deve poi frenare bruscamente e fermarsi fuori dal Sistema Solare per poi riaccelerare e tornare indietro. Scott, quindi, quando i motori sono accesi, sente il suo corpo schiacciarsi contro il sedile o contro le cinture di sicurezza. Mark invece non sente alcuna accelerazione. La situazione non è dunque speculare: uno dei due astronauti percepisce, anche senza guardare fuori, anche senza sapere dove si trova, di essere soggetto a grandi accelerazioni. L’altro no.

Verso la Relatività Generale
Questo ragionamento convinse Einstein che alla Relatività mancasse un ingrediente e che l’accelerazione c’entrasse qualcosa in tutto questo. L’ingrediente mancante era la gravità, una forza che fa appunto accelerare i corpi: è impossibile distinguere un’accelerazione dovuta a una forza esterna da quella prodotta da un campo gravitazionale. Questo principio, chiamato principio di equivalenza, è il punto di partenza della Relatività Generale, la parte della Teoria di Einstein che considera anche la gravità. Per capire meglio cosa significa il principio di equivalenza, potete leggere questo esperimento immaginario, chiamato ascensore di Einstein.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

ExoMars è partita
La missione ExoMars, un progetto dell’Agenzia Spaziale Europea per l’esplorazione robotica di Marte, è partita. È composta da una sonda – TGO – che rimarrà in orbita attorno a Marte e da un Lander – Schiaparelli – che atterrerà sul pianeta per studiarne l’atmosfera. Il contributo italiano alla missione, tramite l’Agenzia Spaziale Italiana e Finmeccanica, è consistente: la leadership della missione è affidata all’Italia, così come la responsabilità complessiva del sistema e lo sviluppo di Schiaparelli. Sono poi italiani i progetti di vari strumenti scientifici di Schiaparelli come DREAMS, AMELIA, MA_MISS e INRRI. Per maggiori informazioni sul ruolo dell’Italia potete guardare questo video Rai. Purtroppo il video ufficiale del lancio (questo) è piuttosto sgranato. C’è però un bel video fatto con il cellulare da Roberto Battiston, presidente dell’ASI.
Curiosità: come vengono trasportati i lanciatori di queste missioni? Così.

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Per il capitolo «A cosa servono le missioni spaziali?», il satellite Landsat 8 sta scandagliando gli oceani per trovare relitti di navi affondate. Sapere dove sono i relitti è importante per varie ragioni. Quelli più recenti possono essere fonte di inquinamento, quelli vicini alla costa sono un potenziale pericolo per la navigazione, quelli più vecchi possono addirittura favorire la nascita di una barriera corallina. Lo sviluppo di tecnologie anche per missioni apparentemente inutili, permette poi di riutilizzarle in moltissimi ambiti che impattano direttamente sulla nostra vita.

Landsat

(Credit: NASA/USGS Landsat/Jesse Allen/NASA Earth Observatory/Matthias Baeye et al)

KosmoKurs sfiderà Blue Origin
L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha approvato il progetto dell’azienda privata KosmoKurs di Pavel Pushkin per progettare e sviluppare un sistema riutilizzabile per il turismo spaziale. I primi viaggi sono programmati attorno al 2020. Se avrete voglia di fare un viaggetto di qualche minuto nello spazio potete cominciare a mettere via un po’ di soldi. Il biglietto dovrebbe costare attorno ai 250 mila euro. KosmoKurs non è la prima azienda che punta a questo obiettivo. L’azienda americana Blue Origin di Jeff Bezos ha già effettuato i primi lanci test.

Feedback
Aspetto le vostre opinioni a spacebreak [at] francescobussola.it
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Per approfondire
– Il paradosso dei gemelli
– L’esperimento che ha coinvolto i veri Scott e Mark Kelly (inglese)

I buchi neri, LIGO e le onde gravitazionali

La settimana scorsa abbiamo parlato della Relatività e siamo pronti a capire cosa sono i buchi neri. Qui trovate le scorse newsletter, qui la pagina facebook e qui l’account twitter di Space break.
Oggi però è anche un giorno importante per la fisica. Forse sono state rilevate per la prima volta le onde gravitazionali e c’è un’attesa conferenza stampa oggi pomeriggio.
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Di cosa parliamo oggi
– cosa sono i buchi neri
– vedere i buchi neri (ma esistono davvero?)
– forse LIGO ha rilevato le onde gravitazionali

Cosa sono i buchi neri
Come abbiamo detto l’altra volta, secondo la Relatività l’universo “poggia” – per così dire – su una struttura intangibile chiamata spaziotempo che possiamo immaginare come un lenzuolo steso. La presenza di un corpo, come ad esempio un pianeta, una stella, una galassia o un comodino deforma il lenzuolo creando delle conche. Quando gli oggetti finiscono vicino a queste conche, ci cadono dentro come in questa animazione (si ingrandisce cliccando).

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La gravità quindi non è considerata una forza vera e propria, ma l’effetto di una deformazione geometrica dell’universo. È una descrizione strana, ma incredibilmente efficace e in accordo con gli esperimenti.
Abbiamo anche detto che pure i raggi di luce, che si spostano seguendo la griglia dello spaziotempo, cadono in queste conche e il loro percorso viene deviato dalla curvatura.
Più un corpo ha massa, più la sua conca è profonda, più facilmente devia le traiettorie degli altri corpi e della luce. Quindi la conca fatta dal Sole è più profonda di quella fatta dalla Terra, che è più profonda di quella fatta da una mongolfiera, che è più profonda di quella fatta da una pulce.
Per chi si è perso e per chi non c’era, rimando alla scorsa newsletter.

La velocità di fuga e il raggio di Schwarzschild
Per non cadere in una conca, un oggetto deve superare la cosiddetta velocità di fuga. La velocità di fuga è insomma la velocità necessaria per sfuggire alla gravità di un pianeta o di una stella, senza caderci addosso. Ad esempio sulla superficie della Terra la velocità di fuga è pari a 40’320 Km orari. Più ci si allontana dalla Terra però, meno si sente la gravità e la velocità di fuga diminuisce: a 9 mila chilometri dalla superficie, la velocità di fuga è 25’560 km orari. Quando mandiamo un oggetto nello spazio utilizziamo dei razzi che accelerano fino alla velocità di fuga e che possono poi viaggiare senza propulsione.
Anche la luce, per riuscire a sfuggire a una conca gravitazionale, deve superare la velocità di fuga. Tuttavia di solito non è un problema: la velocità della luce nel vuoto è enorme: circa 300’000 Km al secondo. E infatti riusciamo a mandare segnali luminosi nello spazio senza preoccupazioni.
Esiste però una distanza dai pianeti o dalle stelle, chiamata raggio di Schwarzschild, entro la quale anche la luce rimane intrappolata (la parola “raggio” va intesa in senso geometrico, come il raggio di un cerchio o di una bicicletta). Quale sarebbe questa distanza nel caso della Terra? Per la Terra – la cui massa è quasi 6 milioni di miliardi di miliardi di Kg – il raggio di Schwarzschild è poco più di 8 millimetri, per la precisione 8,869 millimetri. Cosa significa? Significa che se tutta la massa della Terra fosse compressa in una pallina con un raggio, supponiamo, di 8 millimetri, una volta arrivata a una distanza inferiore o uguale a 0,869 millimetri dalla superficie della Terra, anche la luce non potrebbe più sfuggire. E poiché nessun corpo può andare più veloce della luce, nulla può uscire dal raggio di Schwarzschild.
Fortunatamente non è così: la Terra non è condensata in una pallina piccolissima e il raggio di Schwarzschild, nel nostro caso, non c’è. Questo ci permette di mandare segnali elettromagnetici nello spazio senza problemi.
Cosa accade però quando una grande quantità di massa, per qualche motivo, si compatta in una pallina piccolissima?

I buchi neri non sono buchi
Quando una grande massa si compatta in un volume piccolo lo spaziotempo si deforma molto, ossia la conca si fa sempre più profonda, come in questa immagine.

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Perciò, a parità di distanza dalla pallina, la curvatura dello spaziotempo, ossia la gravità, diventa sempre più forte e la velocità di fuga necessaria per sfuggire dalla buca è sempre più alta.
Se la pallina in cui è compattata la materia è estremamente piccola allora ha senso parlare del raggio di Schwarzschild – la distanza entro la quale nemmeno la luce può sfuggire. Alla distanza prevista dal raggio di Schwarzschild si crea una superficie sferica chiamata orizzonte degli eventi, qui rappresentata da quel semicerchio nero.

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Tutti gli eventi che accadono dentro l’orizzonte degli eventi, ossia entro il raggio di Schwarzschild, non possono essere osservati da fuori. Questo accade perché nemmeno la luce può uscire: da quel punto in poi un osservatore esterno vede solo una sfera nera e nulla più. Questo è il buco nero.
Come avete capito, però, non è propriamente un buco, ma una parte di universo da cui nulla può uscire e che non possiamo osservare.

Come vedere i buchi neri, se esistono
I buchi neri quindi non si possono vedere per un motivo molto semplice: sono neri. Quando osserviamo il cielo riusciamo a vedere tutti gli oggetti che emettono onde elettromagnetiche: luce visibile, ad esempio, ma anche raggi infrarossi, ultravioletti, segnali radio e così via. Tutti questi segnali viaggiano alla velocità della luce, raggiungono la Terra e possono essere captati dall’occhio umano o da delle antenne. I buchi neri, però, “mangiano” tutto, anche questi segnali, e non ne emettono. Come facciamo allora a sapere che esistono? E come possiamo vederli? (Bonus: in realtà crediamo che i buchi neri possano emettere qualcosa – la radiazione di Hawking – ma ne parleremo un’altra volta)

Cercare cosa manca
Dato che non possiamo vederli direttamente, un metodo per cercare i buchi neri è puntare un telescopio dove si crede che ci possa essere un buco nero e vedere se manca qualcosa. Secondo le teorie moderne, al centro di ogni galassia si trova un buco nero supermassiccio. Negli anni novanta è stato quindi puntato un telescopio al centro della nostra Galassia, la Via Lattea. Dopo anni di osservazione, ecco cosa è stato visto (si ingrandisce cliccando).

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La stella segnata dal tracciato giallo si chiama S2 e sta girando intorno a qualcosa che non si vede. Per dare un’idea di quanto veloce stia andando, il righello in alto a destra (10 giorni luce) equivale a 259 miliardi di chilometri. Cosa c’è lì al centro? Dai calcoli dell’orbita si è stimato che l’oggetto misterioso attorno al quale S2 sta girando ha una massa pari a 3,7 milioni di Soli. Secondo le teorie moderne un oggetto così grande che non emette radiazione può essere solo un buco nero.
Gli astronomi hanno trovato evidenze simili anche al centro di altre galassie, sempre studiando il moto del materiale che orbita attorno al loro centro.

Cercare cosa scompare
Certo i buchi neri non si trovano solo al centro delle galassie: nulla vieta che ce ne siano altri da altre parti. Per trovarne bisogna essere molto fortunati – osservando per caso fenomeni spiegabili soltanto dalla presenza di un buco nero – oppure usare un po’ di astuzia e osservare le supergiganti rosse.
Una supergigante rossa è una stella che ha quasi completato il suo processo di fusione ed è “in fine vita”. Una volta terminati i processi di fusione può esplodere e diventare una supernova oppure può formare un buco nero. Gli astronomi da tempo osservano con attenzione decine di supergiganti rosse. L’idea è semplice: se improvvisamente scompaiono, potrebbe essersi formato un buco nero.
È quello che è accaduto a un paio di stelle l’anno scorso. Un attimo prima c’erano, un attimo dopo non c’erano più. Non è detto che siano diventate dei buchi neri, però. Le stelle potrebbero avere una luminosità molto variabile o potrebbero essere finite dietro un ammasso di polveri e detriti. Non possiamo fare altro che continuare ad osservarle e pazientare.

LIGO ha rilevato le onde gravitazionali, si dice
LIGO è un importante esperimento pensato per rilevare le onde gravitazionali. È formato da due rilevatori – uno in Lousiana e uno nello stato di Washington – che funzionano come delle antenne.

LIGO

Advanced LIGO, in Washington (Credit: MIT/CalTech LIGO)

Nella prossima newsletter parleremo delle onde gravitazionali. Per ora ci accontentiamo di sapere che sono delle increspature nello spaziotempo predette da Einstein ormai cento anni fa, che quasi tutta la comunità scientifica crede nella loro esistenza e che sono molto sfuggenti. Chi vuole saperne un po’ di più può guardare questo video su youtube, attivando i sottotitoli in italiano.
Da tempo si mormora che LIGO abbia captato qualcosa di interessante, ma le voci si sono fatte più forti da quando lo staff di LIGO (composto da circa mille collaboratori sparsi in tutto il mondo) ha invitato tutta la comunità scientifica a una conferenza stampa per “fornire aggiornamenti sulla ricerca delle onde gravitazionali”.
Se LIGO avesse trovato le onde gravitazionali sarebbe una notizia epocale anche se, ricordo, i dati dovranno passare il vaglio della comunità scientifica per una conferma definitiva. Ciò che renderebbe comunque molto promettente la possibile scoperta è che i dati di LIGO sono analizzati da molti gruppi di ricerca che partecipano alla collaborazione scientifica. L’appuntamento per la conferenza stampa è oggi 11 Febbraio alle 16:30. Uno streaming sarà disponibile su youtube. Seguite la pagina facebook per aggiornamenti. Se riesco faccio un livetweet su twitter.

Per approfondire
– La prima evidenza scientifica della relatività generale
– Cosa sono i micro buchi neri
– E interstellar? Un bel video di Rai Scuola

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