Tag: Marte

La fissione nucleare

Vi siete mai chiesti come funziona una centrale nucleare? Si usano sostanze radioattive, certo. Ma cosa sono davvero? E come vengono utilizzate? E perché una centrale nucleare riesce a produrre molta più energia di una centrale elettrica a carbone? Ne parliamo oggi.

Nel frattempo, per chi se l’è persa, qui c’è la scorsa puntata di Storie, il podcast in cui intervisto giovani ricercatori in fisica. Ho parlato con Zeno Tornasi, dell’Università di Glasgow. Si occupa di onde gravitazionali.
Per scaricare o ricevere il podcast sul telefono potete utilizzare l’app Spreaker Podcast Radio, oppure la vostra app preferita (come iTunes o altre) utilizzando gli RSS del podcast. Le altre puntate sono qui.

Se vi piacciono la newsletter e il podcast, potete invitare un vostro amico a iscriversi.
Se avete domande o suggerimenti, scrivetemi a spacebreak [at] francescobussola.it

Ah, in fondo c’è la vignetta di Ale.

Di cosa parliamo oggi
– le centrali nucleari
– la fissione nucleare
– fusione e fissione
– pillole

Le centrali nucleari
Partiamo dall’argomento più semplice. Come fa una centrale nucleare a produrre energia elettrica? La risposta può sorprendere: esattamente come le centrali elettriche a carbone. Viene scaldata dell’acqua, l’acqua si trasforma in vapore, il vapore fa girare una turbina che a sua volta mette in moto un alternatore. L’alternatore è una macchina che trasforma l’energia meccanica della turbina in energia elettrica. Avete presente le “dinamo” per bicicletta che si usano per accendere il fanalino? Ecco, quelli sono alternatori.
Mentre l’alternatore genera corrente elettrica, il vapore acqueo si raffredda, torna allo stato liquido e il ciclo può ricominciare.
La differenza con le centrali a carbone non è quindi il procedimento usato per generare l’energia elettrica, ma la fonte utilizzata per scaldare l’acqua. Anziché bruciare il carbone si utilizzano delle sostanze radioattive.

Le sostanze radioattive
Ma quando una sostanza è radioattiva? Le sostanze radioattive sono formate da elementi piuttosto instabili, i cui atomi tendono a rompersi facilmente, causando la formazione di nuovi elementi ed emettendo radiazioni elettromagnetiche ad alta energia o altre piccole particelle. Le radiazioni, appunto.

La fissione nucleare
L’elemento radioattivo utilizzato nelle centrali nucleari è tipicamente l’uranio. Se vi ricordate questa newsletter, avevamo detto che gli atomi si distinguono tra loro in base al numero di protoni che li compongono: l’idrogeno ha 1 protone, l’elio ne ha 2, con 8 si fa l’ossigeno, con 26 il ferro e così via. L’uranio ne ha 92. Avevamo anche detto però che gli atomi sono formato anche da neutroni. Cambiando il numero dei neutroni di un elemento si formano i cosiddetti isotopi, ossia atomi dello stesso elemento ma con caratteristiche fisiche un po’ diverse. L’isotopo di uranio più diffuso è l’uranio-238, che ha (238 – 92) = 146 neutroni. Più del 99% dell’uranio in natura è uranio-238. L’uranio-238 è una sostanza radioattiva: con il passare del tempo i suoi atomi decadono, ossia si rompono dando vita a atomi con un numero più basso di protoni. Questo processo di rottura si chiama appunto fissione nucleare.
Quando si rompono, gli atomi di uranio-238 decadono in torio-234, che ha solo 90 protoni. Questo significa che l’uranio-238, decadendo, perde 2 protoni e 2 neutroni, che sono un nucleo di elio. I nuclei di elio sono chiamati anche particelle alfa e sono un tipo di radiazione non particolarmente pericoloso: basta un foglio di carta per fermarle.

Ovviamente più questi decadimenti avvengono velocemente, più vengono emesse radiazioni e più queste diventano pericolose.
Per determinare quanto l’uranio è radioattivo si calcola quindi il cosiddetto tempo di dimezzamento, ossia il tempo che ci mettono metà degli atomi di uranio a trasformarsi in torio, emettendo radiazioni alfa.
Il tempo di dimezzamento dell’uranio-238 è di circa 4,5 miliardi di anni. Se avete un chilo di uranio-238, dovrete aspettare tutto quel tempo affinché mezzo chilo si trasformi in torio.
Tra le sostanze radioattive, quindi, l’uranio-238 non è tra i più radioattivi. Emette radiazioni da cui è abbastanza facile schermarsi e il suo tempo di dimezzamento è piuttosto lungo.
Giusto per fare un confronto, un altro isotopo dell’uranio, l’uranio-239, emette radiazioni molto più pericolose (elettroni e positroni ad alta energia, detti anche particelle beta) e ha un tempo di dimezzamento di soli 23 minuti. Come vedete, l’uranio-239 e l’uranio-238 hanno solo un neutrone di differenza, eppure hanno caratteristiche molto diverse tra loro.
Nelle centrali nucleari si usa solitamente una miscela di due isotopi di uranio, l’uranio-238 e l’uranio-235, chiamata “uranio arricchito”, oppure una miscela di uranio e plutonio chiamata MOX.

Cosa accade nel nocciolo della centrale
Una volta preparata la miscela di combustibile, la si inserisce nel nocciolo della centrale nucleare e si cerca di innescare una reazione a catena: l’uranio arricchito viene bombardato con dei neutroni, per facilitarne la rottura. Gli atomi di uranio colpiti dai neutroni si spezzano quindi in torio, particelle alfa ad alta energia e altri neutroni, che a loro volta colpiscono altri atomi di uranio, replicando il processo.
Per facilitare l’innesco della reazione a catena, però, i neutroni devono essere rallentati alla giusta velocità. Per questo il nocciolo è immerso in una sostanza chiamata moderatore. Solitamente il moderatore utilizzato è il deuterio, conosciuto anche come acqua pesante.
Una volta innescata la reazione, però, i frammenti del processo di fissione, rallentando nel combustibile, generano calore che viene asportato da un fluido refrigerante: è l’acqua di cui parlavamo all’inizio, che raffredda il nocciolo scaldandosi e si trasforma in vapore, mettendo in moto la turbina.
La reazione a catena riesce quindi a liberare una grande quantità di energia: se un chilogrammo di carbone produce circa 8 kWh di energia, un chilogrammo di uranio-235 può produrne più di 20 milioni.

Fissione nucleare e fusione nucleare
Il processo di fissione è lo stesso che fu usato nelle bombe atomiche che colpirono Hiroshima e Nagasaki. Tuttavia, mentre nelle bombe nucleari la fissione avviene in modo incontrollato, nelle centrali nucleari la reazione viene controllata. Per controllare la reazione è necessario utilizzare una sostanza in grado di assorbire la maggior parte dei neutroni prodotti, così da limitare l’effetto catena. Nella miscela di uranio arricchito di cui abbiamo parlato, mentre l’uranio-235 partecipa attivamente alla fissione, l’uranio-238 ha proprio la capacità di assorbire i neutroni in eccesso, trasformandosi in uranio-239,che decade poi in plutonio-239.

Nonostante si usino principalmente uranio e plutonio, esistono molti altri elementi radioattivi in natura, come ad esempio il radon, il francio, l’astato o il polonio. Quest’ultimo è piuttosto famoso, in quanto fu usato nel 1998 per avvelenare a morte il dissidente russo Aleksandr Val’terovič Litvinenko.

C’è un ultimo appunto da fare. Esiste un altro tipo di reazione nucleare, chiamato fusione. È la reazione nucleare che avviene nelle stelle, produce molta più energia della fissione e non lascia alcun tipo di scoria radioattiva. Perché non usiamo la fusione anziché la fissione? Ne parliamo la prossima settimana.

Pillole
Alcune notizie di questi giorni, in breve.

104 satelliti in orbita con un solo lancio
L’India ha messo in orbita con un solo lancio 104 satelliti. È stato utilizzato il razzo Polar Satellite Launch Vehicle, che ha trasportato principalmente piccoli satelliti per rilevazioni della superficie terrestre e la raccolta di dati meteorologici. Un video della messa in orbita è qua.

La NASA e Marte
La NASA sta valutando la possibilità di utilizzare degli astronauti durante il primo lancio dello SLS, un nuovo sistema di lancio in fase di progettazione che dovrebbe essere inaugurato nei prossimi anni. Maggiori informazioni qui.

Forse si possono migliorare i telescopi
Dei ricercatori dell’Università di Toronto sono riusciti a migliorare in laboratorio la risoluzione di microscopi e telescopi. Quando le lenti inquadrano degli oggetti piccoli e molto vicini tra loro, non riescono a distinguerli a causa della diffrazione della luce nella lente: anziché vedere due puntini luminosi, si vede un unico oggetto sfocato. I ricercatori sono riusciti ad aumentare la risoluzione delle lenti sfruttando una caratteristica fisica dei raggi luminosi, chiamata fase. Non è ancora chiaro se si riuscirà a implementare questa nuova tecnica al di fuori degli ambienti controllati del laboratorio.

 

[Credit: La fissione nucleare, di Alessandro Toffali (Vuoto Comico), CC-BY-NC-ND 4.0]

La fisica di Ale
La striscia di oggi. I fumetti di Alessandro sono su Vuoto Comico.

Per approfondire
– Che cos’è la massa critica?
Come funziona una centrale nucleare (articolo)
– La fissione nucleare, spiegata da Rai Educational (video)
– La fissione nucleare, spiegata da Alessandro Cecchi Paone (video)

I condensati di Bose-Einstein

Eccoci qui con una nuova newsletter. Questa settimana parliamo dei condensati di Bose-Einstein (BEC), che c’entrano con la Meccanica quantistica. Oggi però niente pillole, perché qualche giorno fa è accaduto un mega evento: Space X, l’azienda aerospaziale guidata da Elon Musk che si occupa di costruire razzi riutilizzabili per la NASA e altre agenzie, ha fatto una grande presentazione in stile Apple, in cui ha rivelato i dettagli di un ambizioso progetto per portare l’uomo su Marte. Quindi parliamo di questo.
Sempre per restare in tema, poi, questa settimana è uscito su Il Tascabile – una rivista online curata da Treccani eAlkemyun mio articolo sull’esplorazione di Marte: quanto ci metteremo a raggiungere il pianeta rosso? Che tecnologie abbiamo a disposizione? Come ci stiamo preparando? Qui le risposte.
Se avete domande scrivete a spacebreak [at] francescobussola.it e se la newsletter vi piace potete inoltrarla a degli amici o invitarli a iscriversi.
Ricordo anche che sta per finire la settimana della scienza, con eventi e laboratori in molte città italiane. Per chi fosse nei paraggi, domani pomeriggio (Venerdì 30 Settembre) sarò alla cupola Arnaboldi di Pavia per uno stand sulle onde gravitazionali.
Ah, in fondo alla newsletter c’è la vignetta di Ale. Ricordo poi che nella prossima newsletter ci sarà una nuova puntata di Storie, il podcast in cui intervisto giovani ricercatori in fisica (a proposito, come vi è sembrata la prima puntata?)

Di cosa parliamo oggi
– cosa sono i condensati di Bose-Einstein
– Space X vuole colonizzare Marte

I condensati di Bose-Einstein
La Meccanica quantistica è una teoria fisica che prova a spiegare il comportamento delle particelle. Le particelle infattinon si comportano sempre come “palline” e seguono leggi diverse dalla fisica classica, dando origine a fenomeni strani e controintuitivi. Nelle scorse newsletter abbiamo già fatto vari esempi: le particelle infatti si comportano spesso come onde e fanno interferenza e proprio per questo motivo non è possibile determinare contemporaneamente la loro velocità e la loro posizione. Di queste e di altre quantità possiamo avere solo un valore di probabilità, determinato da una funzione detta, non a caso, funzione d’onda.
La funzione d’onda altro non è che un oggetto matematico che descrive, ad esempio, la probabilità di trovare la particella in un determinato punto.

Gli stati fisici
Nel momento in cui conosciamo i valori di probabilità di tutte le caratteristiche fisiche della particella in questione (come ad esempio la posizione, la velocità, lo spin, …) si dice che conosciamo il suo stato fisico. Certo, non abbiamo dei valori precisi e ci dobbiamo accontentare di una stima probabilistica, ma ma natura ci impedisce di essere più precisi di così: possiamo sapere qual è la probabilità di trovare una particella in un posto o di trovarla a una certa velocità, ma non possiamo predire il suo comportamento con esattezza.

Le transizioni di fase
La materia, come sappiamo, è composta di atomi, che a loro volta sono composti di particelle più piccole (neutroni, protoni, elettroni, quark, …) e questi atomi sono connessi da legami chimici più o meno forti. Nei materiali solidi, i legami tendono a essere piuttosto forti e per questo motivo i solidi hanno una forma e una certa rigidità. Sappiamo però che riscaldando un solido fino a una certa temperatura, questo può diventare liquido. Nei liquidi i legami diventano più deboli e il materiale perde la sua forma definita, adattandosi a quella del contenitore. Riscaldando ancora la temperatura, le particelle che compongono il materiale acquistano molta energia e aumentano la loro velocità: in questo modo riescono a muoversi più liberamente, sfuggendo all’attrazione delle particelle circostanti. È così che si ottiene un gas. Tutte queste trasformazioni corrispondono a delle transizioni di fase: dalla fase solida si passa a quella liquida e a quella gassosa, o viceversa.
In fisica esistono tanti tipi di transizioni di fase. Alcune di queste, come quelle che ho appena citato, sono molto evidenti e le conosciamo tutti perché fanno parte della nostra esperienza quotidiana (pensate all’acqua, che diventa ghiaccio o vapore), altre invece sono poco conosciute al grande pubblico.

I condensati di Bose-Einstein
Sappiamo che le particelle che compongono la materia si dividono in due grandi categorie: i fermioni e i bosoni. I fermioni prendono il nome dal fisico italiano Enrico Fermi, mentre i bosoni, che seguono delle leggi quantistiche completamente diverse, prendono il nome dal fisico bengalese Satyendra Nath Bose.
I condensati di Bose-Einstein sono un fenomeno fisico che riguarda esclusivamente i bosoni e che si manifesta a temperature prossime allo zero assoluto, la temperatura più bassa raggiungibile in natura (-273,15°C).
Immaginiamo di prendere un gas di bosoni che non interagiscono tra loro e di metterli in un ambiente controllato. Ognuno di questi bosoni avrà una sua velocità, una sua posizione, un suo spin e così via. Come abbiamo detto queste caratteristiche fisiche non sono determinate, ma sono descritte da una funzione di probabilità detta funzione d’onda. Comunque sia, ogni bosone sarà in uno stato fisico diverso e sarà quindi descritto da una funzione d’onda diversa.
Man mano che abbassiamo la temperatura, ognuno dei bosoni nel gas diminuisce la sua velocità e quindi la sua energia. I fisici esprimono questo concetto dicendo che ogni bosone va in uno stato quantistico con minore energia.
Arrivati a temperature prossime allo zero assoluto, si manifesta però un fenomeno inaspettato: improvvisamente una frazione di questi bosoni si porta nello stato quantistico di più bassa energia e, in un certo senso, comincia a comportarsi come se fosse un unico bosone descritto da un’unica funzione d’onda. I bosoni sono quindi condensati nello stesso stato fisico, da cui il nome condensato di Bose-Einstein.
Per avere un’idea di quello che accade guardate questa animazione: i vari bosoni si trovano in stati fisici diversi e a diverse energie. Poi, ad un tratto, cadono nello stato con energia minore e si comportano come un’unica particella, descritta da un’unica funzione d’onda.

 

condensato

[Credit: derived by Jubobroff Jubobroff (Own work), CC BY- SA 3.0, via WIkimedia Commons]

 

“Vedere” la meccanica quantistica
Quello che avviene è essenzialmente una transizione di fase: la formazione di un stato della materia molto particolare in cui le particelle si comportano come un corpo unico. Il condensato è, semplificando molto, una specie di “superparticella” i cui effetti quantistici, che solitamente si manifestano nell’infinitamente piccolo, possono essere studiati a livello macroscopico.
Nell’immagine qui sotto vedete la “foto” di un condensato, presa durante un esperimento del 1995: la formazione del picco evidenzia la transizione di fase allo stato di condensato, ossia il momento in cui si forma il condensato di Bose-Einstein e una frazione degli atomi entra nello stesso stato fisico.

 

condensato2

[Credit: NIST/JILA/CU-Boulder (NIST Image), Public domain, via Wikimedia Commons]

 

Per avere un’idea delle dimensioni, considerate che ognuna delle tre foto è larga circa 0,2 mm. Questo significa che i condensati permettono di “vedere” la funzione d’onda delle particelle. Certo, non possiamo vederle con gli occhi, ma gli effetti quantistici misurati dagli strumenti si manifestano su scale molto più grandi del normale e possono essere studiati in modo completamente nuovo.

Il folle progetto di Space X
Durante il Congresso Internazionale di Aeronautica il fondatore di Space X, Elon Musk ha presentato un progetto per colonizzare Marte nei prossimi cento anni. Il progetto, prima conosciuto come Mars Colonial Transporter, si chiama Interplanetary Transport System. Elon Musk è un imprenditore sudafricano, fondatore di PayPal, Tesla Motors e Solar City. La sua compagnia SpaceX collabora da tempo con la NASA, per la quale ha sviluppato il Falcon 9, un lanciatore – ossia un razzo – riutilizzabile e in grado di atterrare verticalmente su una chiatta nell’oceano.

 

falcon9_land
Il progetto prevede quindi non solo di mandare un uomo su Marte, ma di sviluppare un’intera colonia, permettendo a chiunque di poter comprare un biglietto per trasferirsi sul pianeta rosso.

Perché Marte
Come ho spiegato in questo articolo su Il Tascabile, Marte ha alcune caratteristiche che lo rendono potenzialmente adatto a ospitare una colonia: è un pianeta roccioso, con un giorno di quasi 24 ore, un’inclinazione dell’asse rispetto all’eclittica quasi uguale a quella terrestre e presenta 4 stagioni. Certo, non c’è acqua liquida e l’atmosfera è fatta prevalentemente di anidride carbonica, ma ha una gravità minore di quella terrestre e questo è quasi un vantaggio. Inoltre è abbastanza vicino alla Terra da essere raggiungibile e abbastanza lontano dal Sole per non essere troppo caldo: la temperatura della superficie varia da -140°C a 30°C.

Con quali tecnologie viaggiare
Un viaggio verso Marte durerebbe dai quattro ai sei mesi. La Terra e Marte distano, a seconda della posizione reciproca, dai 56 milioni a 400 milioni di chilometri e la navicella più veloce a nostra disposizione può viaggiare a 60 mila chilometri orari. Space X ha presentato però il progetto di un nuovo lanciatore, chiamato Mars Vehicle: un razzo con una struttura in fibra di fibra di carbonio, lungo 122 metri in grado di trasportare una navicella spaziale per carico totale di 550 tonnellate a circa 100 mila chilometri orari.
Per fare dei confronti tenete presente che più grande razzo mai costruito – il Saturn V, che fu utilizzato dalla NASA per le missioni sulla Luna – è alto 111 metri e può trasportare un carico di 135 tonnellate.
Ecco il video rilasciato da Musk: considerate che non è un design concept, ma l’animazione dei progetti CAD realmente in fase di sviluppo da parte degli ingegneri.

La filosofia low cost 
Space X intende applicare all’astronautica la stessa filosofia delle compagnie aeree low cost: un biglietto per Marte, dati i costi di progettazione e realizzazione, costerebbe 10 miliardi di dollari. Il prezzo però si abbasserebbe fino a 500 mila dollari se si fosse in grado di riutilizzare le navicelle, i serbatoi e i lanciatori necessari al viaggio. Space X stima che, per riuscire a mantenere bassi i costi, la navicella dovrà resistere ad almeno dodici viaggi, i serbatoi a cento e il lanciatore a mille.
Come propellente è stato scelto un composto a base di metano, che a differenza dell’idrogeno o del kerosene è più facile da immagazzinare, da pressurizzare, può essere facilmente trasportato e può essere prodotto anche su Marte.
Il progetto di Space X si basa quindi su quattro grandi pilastri: la scelta del giusto propellente, la produzione del propellente su Marte, il completo riutilizzo delle tecnologie sviluppate e, cosa importante, il rifornimento della navicella in orbita.
Come avete visto nell’animazione precedente, una volta lanciata la navicella in orbita, il primo stadio del lanciatore ritorna a Terra, viene caricato con un serbatoio e lanciato nuovamente per andare a rifornire la navicella. Sarebbe infatti quasi impossibile lanciare la navicella con tutto il propellente necessario al viaggio: più propellente carichiamo, più la navicella pesa e più pesa, più serve propellente per lanciarla in orbita.

Quanto è credibile tutto ciò
Tutto quello che vi ho raccontato potrebbe benissimo essere la fantasia di un matto visionario, se non fosse che in questi anni Elon Musk sta effettivamente sviluppando le tecnologie necessarie per questo tipo di impresa. I lanciatori riutilizzabili sono oggi una realtà e nel frattempo Space X ha realizzato i primi prototipi del motore e del serbatoio in fibra di carbonio.

 

tank_spacex
Certo, molto è ancora da fare, ma Musk non è nuovo a imprese impossibili. Per dire, ecco cos’era Space X – che oggi ha 4 mila dipendenti – solo quattordici anni fa.

 

spacex2002
Solo il tempo quindi ci dirà se la visione di Musk potrà effettivamente trasformarsi in realtà o se il tutto si dissolverà in una fantasia del ventunesimo secolo.
Per ulteriori dettagli su questo progetto guardate gli approfondimenti.

La fisica di Ale
La striscia di oggi. I fumetti di Alessandro sono su Vuoto Comico.

bec_box

[Credit: Condensazione di Bose-Einstein, di Alessandro Toffali (Vuoto Comico), CC-BY-NC-ND 4.0]

Per approfondire
– La storia dei condensati di Bose-Einstein (video in italiano)
– Un riassuntino efficace sui condensati di Bose-Einstein
– La presentazione di Elon Musk, in stile Apple (video)
– Le slide di Space X usate durante la presentazione
– Un riassuntone in italiano del progetto di Space X, di Emanuele Menietti

Quello che Marte dice di noi

Ho scritto un articolo su Il Tascabile sull’esplorazione di Marte: tra quanto l’uomo ci metterà piede? E con quali tecnologie?

È l’8 aprile 2016 e una buona fetta di appassionati di esplorazioni spaziali è incollata agli schermi, come fosse la finale dei mondiali di calcio. In diretta da Cape Canaveral, l’azienda SpaceX di Elon Musk – quel tipo che ha fondato PayPal e oggi prova a sfondare nel mercato delle auto elettriche con la compagnia Tesla Motors – sta tentando una cosa mai riuscita: mandare in orbita un cargo diretto alla Stazione Spaziale Internazionale utilizzando un razzo che dovrebbe poi rientrare sulla Terra, atterrando verticalmente su una chiatta nell’oceanocontinua a leggere su Il Tascabile

1 2 3 4