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LHC down (per colpa di una faina)

Ciao! Oggi niente lezione di fisica, perché sono un po’ preso da alcuni lavori. Ne approfittiamo per riposarci un attimo. I nuovi arrivati che vogliono leggere qualcosa sulla fisica moderna trovano le vecchie newsletter sul mio blog. Da gennaio abbiamo parlato di un bel po’ di argomenti: la Teoria della Relatività Speciale e Generale, la Meccanica quantistica, il dualismo onda-particella, le quattro forze fondamentali, il gatto di Schrödinger, la radiazione di Hawking, il modello Standard delle particelle, il CERN, il paradosso dei gemelli, i buchi neri e ovviamente le onde gravitazionali. Ce ne è per tutti i gusti.

Ci sono parecchie notizie interessanti questa settimana. Tanto per dirne alcune, l’esperimento LHC è stato fermato per colpa di una faina, i ricercatori di LIGO hanno guadagnato tre milioni di dollari, il satellite Hitomi è morto e SpaceX ha spiazzato tutti – tanto per cambiare – dicendo che vuole andare su Marte tra due anni.

Di cosa parliamo oggi
– LHC down per colpa di una faina
– tre milioni di dollari ai ricercatori LIGO
– Hitomi non ce l’ha fatta
– SpaceX su Marte nel 2018
– inaugurato un nuovo cosmodromo a Vostochny, in Russia
– il transito di Mercurio davanti al Sole
– un test per la gravità quantistica

LHC down
Il Large Hadron Collider del CERN (cos’è?) è stato spento per un paio di giorni dopo che una faina è salita sui terminali di un trasformatore elettrico, mandandolo in corto circuito. Il corto circuito ha fatto spegnere il sistema di criogenia dell’acceleratore di particelle – che è solitamente mantenuto a una temperatura di poco superiore a -273°C. Un innalzamento della temperatura anche di pochi decimi di grado sembra poca cosa, ma a temperature così basse richiede tempo per ristabilire le condizioni ottimali per gli esperimenti. Nonostante l’intoppo non ci sono state gravi conseguenze per LHC, che ieri è stato rimesso in funzione. Lo stesso non si può dire della faina, che si è presa una scarica elettrica da 66 mila volt.

Tre milioni di dollari ai ricercatori LIGO
Il fisico e milionario russo Yuri Milner – quello del progetto Breakthrough starshot – ha deciso di devolvere tre milioni di dollari ai ricercatori che hanno partecipato alla scoperta delle onde gravitazionali. Questa somma si aggiunge ai tre milioni di dollari che elargisce ogni autunno come premio per le migliori scoperte in fisica fondamentale. Dei tre milioni, uno verrà diviso dagli ideatori dell’esperimento LIGO – Kip Thorne, Rainer Weiss e Ronald Drever – mentre i rimanenti due milioni saranno distribuiti tra i mille scienziati che hanno firmato l’articolo pubblicato sul Physical Review Letters.

Hitomi non ce l’ha fatta
Da qualche settimana l’agenzia spaziale Giapponese JAXA non è più in grado di comunicare con il satellite a raggi X Hitomi, lanciato a Febbraio. Il guasto è probabilmente dovuto al completo distacco dei pannelli solari dal satellite, che è quindi inutilizzabile. JAXA ha deciso interrompere ogni tentativo di recupero. Ora sarà importante capire se la rottura è stata causata da un problema di progettazione, di costruzione o se il satellite è stato danneggiato inavvertitamente durante le fasi di trasporto e lancio. Della analisi preliminari parrebbe che si tratti di un errore di programmazione informatica: il computer di Hitomi avrebbe accelerato la rotazione del satellite, anziché rallentarla.

SpaceX su Marte nel 2018?
Una notizia che mi era sfuggita. Con un tweet SpaceX ha annunciato di voler lanciare una capsula Red Dragon su Marte entro il 2018. La missione avverrebbe senza equipaggio, ma la notizia, che ha colto tutti di sorpresa, rafforza le impressioni che SpaceX e la NASA possano presto collaborare per una missione su Marte.

 

La capsula Red Dragon è un veicolo spaziale progettato per effettuare missioni di atterraggio su Marte in assenza di equipaggio. Queste missioni, oltre ad avere obiettivi scientifici, serviranno a sperimentare le tecnologie necessarie per far atterrare dei grandi carichi sul pianeta senza l’utilizzo di un paracadute.

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(Credit: SpaceX Photos – Dragon to Mars, CC 0)

Un nuovo centro spaziale in Russia
Giovedì scorso è stato inaugurato un nuovo cosmodromo a Vostochny, in Russia. Il centro spaziale di Vostochny è stato costruito per diminuire la dipendenza della Russia dalla base di lancio di Baikonur, in Kazakhistan, che costa al governo russo circa 115 milioni di dollari all’anno di affitto.
Purtroppo uno dei nanosatelliti lanciati durante l’inaugurazione non trasmette alcun segnale. Molto probabilmente dopo l’immissione in orbita non si è acceso. Ecco il video del lancio inaugurale, con le tipiche simulazioni di Roscosmos, l’agenzia spaziale russa.


 

Mercurio davanti al Sole
Lunedì 9 Maggio il pianeta Mercurio transiterà davanti al Sole. Il fenomeno sarà visibile per tutto il pomeriggio. Per effettuare delle osservazioni basterà un piccolo telescopio o anche un buon binocolo con un cavalletto. È importante utilizzare dei filtri solari professionali, per evitare di bruciarsi la retina. Il prossimo passaggio di Mercurio sul Sole sarà nel novembre del 2019.

Un test per la gravità quantistica
Un gruppo di ricercatori italiani della SISSA di Trieste, del LENS di Firenze e dell’INFN di Padova hanno proposto un modello per conciliare la Relatività e la Meccanica quantistica. Come abbiamo spesso detto le due teorie non si parlano molto e da tempo i fisici cercano di unificarle in una teoria più generale. Il modello proposto di fisici italiani prevede che lo spaziotempo abbia una struttura granulare e discreta, anziché continua e liscia. Il modello, pur preservando il principio di causalità (nessun segnale può viaggiare più velocemente della luce), rinuncia a quello di località, ossia postula l’esistenza di fenomeni non locali. Il modello si aggiunge ai tanti presentati ogni anni da fisici di tutto il mondo, ma ha un aspetto importante: la possibilità, almeno sulla carta, di verificarne sperimentalmente i risultati utilizzando un piccolo chip al silicio. Questo modello è dunque un buon esempio di come viene condotta la ricerca scientifica: si fanno delle ipotesi, anche azzardate, e si cerca un modo di confrontarle con la realtà. Modelli che non possono essere testati sperimentalmente – oggi o in futuro, – non possono essere falsificati e non sono quindi buoni modelli fisici.

Feedback
Se volete contattarmi potete scrivere a spacebreak [at] francescobussola.it o rispondere a questa mail. È uguale.
Se vi fa piacere potete far conoscere la newsletter a un amico inoltrandola o suggerendogli di iscriversi.

  (Credit: NASA/Goddard/Wade Sisler)

La teoria del tutto

I fisici sono spesso spinti dalla convinzione che la natura sia regolata da un sistema di leggi completo e coerente, in grado di spiegare tutti i fenomeni naturali: è la cosiddetta Teoria del tutto. Ma esiste davvero? Ne discutiamo oggi.
Nel frattempo SpaceX ce l’ha fatta: è riuscita a far atterrare verticalmente il Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Robe da matti.
Le newsletter sono caricate sul mio sito e su medium con qualche giorno di ritardo. Per chi vuole qualche curiosità e approfondimento in più, Space break ha anche una pagina facebook e un account twitter. Per scrivermi la mail è spacebreak [at] francescobussola.it

Di cosa parliamo oggi
– la gravità fa di testa sua
– la Teoria del tutto
– pillole della settimana

La gravità fa di testa sua
Le due grandi teorie fisiche utilizzate oggi per studiare la natura – la Meccanica quantistica e la Teoria della Relatività – non vanno molto d’accordo. Una spiega molto bene i fenomeni microscopici, il comportamento delle particelle, i legami chimici e la struttura della materia. L’altra descrive la dinamica e la meccanica dei corpi, anche per grandi masse e grandi velocità: ci permette di mandare satelliti in orbita, studiare l’universo e regolare orologi e gps. Dove però funziona una teoria, l’altra fallisce.
Negli anni è stata sviluppata una teoria, chiamata Teoria quantistica dei campi (Quantum field theory), che è riuscita a unificare la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Speciale. Un’unificazione è sempre un grande risultato: avere una sola teoria per spiegare alcuni fenomeni naturali, anziché dover ricorrere a più modelli, semplifica i problemi concettuali ed evita di farsi domande come “perché dovremmo usare questo modello anziché l’altro?”. La Teoria quantistica dei campi ha ottenuto ottimi risultati ed è la teoria su cui si basano gli esperimenti del CERN, dove è usata per studiare i comportamenti quantistici delle particelle elementari a velocità relativistiche – ossia a velocità prossime a quelle della luce. L’unificazione però funziona con la Relatività Speciale, quella parte della Relatività che non si occupa della gravità. Al CERN infatti non si tiene conto dell’effetto della gravità della Terra, o del Sole o della Luna: sono forze troppo piccole per disturbare gli esperimenti.
Non abbiamo però una teoria che unifichi la Meccanica quantistica con la Teoria della Relatività Generale, ossia non abbiamo una teoria che descriva i comportamenti quantistici della natura in presenza di gravità. È chiaro che se vogliamo studiare l’universo non possiamo dimenticarci completamente della gravità. Ci piacerebbe inoltre sapere se la gravità stessa abbia un comportamento quantistico come le altre tre forze della natura. I fisici credono di sì.

Una legge per domarli
Una teoria in grado di unificare la Relatività e la Meccanica quantistica sarebbe quella che i fisici chiamano una Teoria del tutto, perché sarebbe potenzialmente in grado di spiegare tutti i fenomeni fisici, collegandoli insieme in maniera organica e coerente. Pensateci, non sarebbe bello che tutti i fenomeni fisici fossero spiegabili da un’unica elegante formula? O che le quattro forze della natura fossero diverse manifestazioni di un’unica forza, di cui ancora non conosciamo le caratteristiche?
La credenza che l’universo sia regolato da un’unica legge elegante ha ben poco di scientifico. È una pretesa bella e buona, un atto di fede, quasi. Tuttavia questa convinzione è stato lo stimolo principale dei fisici da quando si scoprì che l’elettricità e il magnetismo non erano fenomeni distinti, ma manifestazioni dello stessa forza naturale – la forza elettromagnetica – ed erano spiegabili da quattro semplici ed eleganti formule – le equazioni di Maxwell.

Le teoria del tutto
Ma esiste una Teoria del tutto? No, non ancora. Ci sono però alcune teorie che si sono candidate ad esserlo. La candidata più famosa è la Teoria delle stringhe. La Teoria delle stringhe – ne parleremo con più calma, un giorno – riesce a descrivere il Modello standard delle particelle, includendo la Relatività Generale. Sostiene che l’universo abbia 10 o 11 dimensioni – anziché 4.- e che le particelle siano composte da strutture unidimensionali in vibrazione – le stringhe. Ogni stringa potrebbe vibrare in modi diversi, dando origine a diversi tipi di particelle.
Purtroppo però la Teoria delle stringhe, dopo più di cinquant’anni dalla sua prima formulazione, non ha portato grandi risultati e alcune delle sue importanti predizioni continuano a non essere confermate dagli esperimenti. Inoltre alcune suoi aspetti, come l’esistenza stessa delle stringhe, non sono verificabili né falsificabili, cioè non possono essere testati con degli esperimenti.
Esistono comunque altre teorie, oltre alla Teoria delle stringhe, che potrebbero candidarsi a Teoria del tutto. La più nota è la cosiddetta Gravità quantistica a loop (Loop Quantum Gravity). Una delle caratteristiche principali di questa teoria è che prevede che lo spazio sia discreto, anziché continuo. Ricordate il lenzuolo che descriveva lo spaziotempo di Einstein? Anziché essere una superficie continua potrebbe essere una specie di rete intrecciata di piccoli oggetti chiamati “loop”. È però una teoria piuttosto giovane, ancora in fase di sviluppo ed è presto per dare un giudizio.
Un giorno magari parleremo più in dettaglio di queste teorie, ricordandoci però che, a differenza della Meccanica quantistica e della Relatività, non sono confermate dagli esperimenti.

Pillole della settimana
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

SpaceX, che gran cosa
Dopo vari tentativi SpaceX, la compagna spaziale di Elon Musk, è riuscita a far atterrare il suo lanciatore Falcon 9 su una chiatta nell’oceano. Il Falcon è stato utilizzato per portare in orbita la capsula Dragon CRS-8, con un carico destinato alla ISS e avrebbe avuto carburante sufficiente per tornare sulla terraferma, ma SpaceX ha preferito tentare nuovamente l’atterraggio su chiatta. Comunque sia, oggi dobbiamo solo goderci questo video: è fantascienza che diventa realtà.chiatta

BEAM
Il lancio del Falcon era molto atteso anche per il carico che portava con sé. La capsula Dragon CRS-8 conteneva infatti un nuovo modulo abitativo per la ISS, chiamato BEAM (Bigelow Expandable Activity Module). BEAM è un modulo gonfiabile e dunque più leggero e meno ingombrante di quelli rigidi. L’installazione del modulo BEAM – nel video qui sotto vedete una simulazione – sarà effettuata sabato 16 aprile 2016 e sarà visibile in streaming a questo link dalle ore 11.30.

beam
Kepler
Kepler è un telescopio spaziale il cui scopo è la ricerca di pianeti simili alla Terra. Il 7 Aprile è stato scoperto che Kepler si trovava da circa 36 ore in modalità di emergenza, una modalità a bassa operatività, ma a grande consumo di carburante. Lunedì 11 la NASA ha però annunciato che Kepler è uscito dalla modalità di emergenza. Gli ingegneri stanno ora analizzando i dati del telescopio per capire cosa abbia causato il malfunzionamento.

Vele solari
Il fisico (e milionario) Yuri Milner ha presentato un progetto per raggiungere il sistema stellare Alpha Centauri in 20 anni. Il progetto, chiamato Breakthrough Starshot, prevede l’utilizzo di una piccola sonda lanciata al 20% della velocità della luce, utilizzando una vela solare. Non mi dilungo. Trovate un’ottima spiegazione qua.

Domande?
Per suggerimenti e domande scrivete a spacebreak [at] francescobussola.it
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Per approfondire
– la Teoria delle strighe, spiegata in due minuti
– il modulo BEAM e la storia dei moduli gonfiabili
– il lancio di SpaceX, nel dettaglio

Che cosa fanno al CERN, il Big Bang, Hawking e Planet 9

Immagino che molti di voi si saranno chiesti almeno una volta che cosa facciano i fisici al CERN di Ginevra. Magari alcuni lo sanno, altri no. Visto che nelle scorse newsletter abbiamo introdotto alcuni concetti di fisica, oggi possiamo parlarne con un po’ più di consapevolezza.

Di cosa parliamo
– cosa fanno al CERN (e che c’entra con l’universo)
– pillole della settimana

Al CERN di Ginevra fanno foto
Il CERN, l’organizzazione europea per la ricerca nucleare, è il più grande laboratorio di fisica del mondo e si occupa di fisica delle particelle. Investigare il mondo delle particelle è molto importante perché aiuta a comprendere il comportamento delle forze fondamentali e la ricchezza di fenomeni fisici che ci offre la natura. Inoltre al CERN è possibile produrre artificialmente delle condizioni presenti solamente all’origine dell’universo ed eventi che oggi non sarebbero altrimenti visibili o che sono molto rari.

Quanto è grande
Il CERN è un centro di ricerca enorme. Coinvolge circa 15 mila dipendenti, per la maggior parte ricercatori, provenienti da decine di paesi diversi. Questo dato non tiene però conto delle centinaia di apprendisti e studenti che collaborano con l’ente nonché di tutti gli scienziati che, pur non essendo al CERN, partecipano direttamente alla ricerca nel settore. Il centro è finanziato da 21 paesi europei e utilizza ogni circa 1 miliardo di euro. L’Italia, che versa circa 130 milioni, è il quarto contributore.

Cos’è, essenzialmente
In sostanza il CERN è una fitta rete di acceleratori di particelle. Un acceleratore di particelle è quello che dice di essere: un qualcosa che prende delle particelle e le accelera a grandi velocità – velocità prossime alla velocità della luce, in questo caso.
Nulla può andare più veloce della luce e, addirittura, le particelle con massa non possono mai raggiungere la velocità della luce. Più ci si avvicina alla velocità della luce, infatti, più serve energia per accelerare le particelle. Per questo gli esperimenti fatti al CERN hanno richiesto così tanto tempo, ricerca e investimenti tecnologici. Serve tanta energia e una tecnologia sviluppata per mantenere stabile l’intero esperimento.

Come funziona
Un acceleratore di particelle funziona più o meno così. Si prendono delle particelle facili da reperire – come ad esempio dei protoni, che si ricavano partendo da delle semplici bombole di idrogeno. I protoni, che hanno carica positiva, vengono attirati da dei poli con carica negativa e dunque accelerano verso di loro. Quando sono vicini ai poli negativi e stanno per sbatterci, il polo negativo si spegne e se ne accende uno un po’ più in là, come in una specie di domino. I protoni quindi continuano ad accelerare percorrendo un tunnel, che è tenuto a bassissime temperature (circa -272 gradi) per evitare che il calore interferisca con le particelle.

Cosa c’è di speciale al CERN che non c’è da altre parti
Ovviamente le particelle possono accelerare fino a quando non finisce il tunnel. Per riuscire a raggiungere velocità altissime è stato quindi creata una fitta rete di tunnel, alcuni dei quali circolari, dentro ai quali le particelle possono continuare a girare e ad essere accelerate. Il più grande acceleratore – e anche il più recente e famoso, – si chiama LHC. È circolare ed è lungo 27 Km.

E una volta accelerate?
L’obiettivo degli esperimenti è di far scontrare tra loro delle particelle e di vedere cosa accade. Durante uno scontro tra particelle, infatti, queste possono spezzarsi in più parti oppure unirsi tra loro. Insomma, possono nascere delle nuove particelle secondo le regole dettate dalla natura. Quando diciamo che le particelle si “scontrano”, significa più precisamente che le particelle arrivano molto vicine le une alle altre e interagiscono attraverso una o più delle quattro forze fondamentali di cui abbiamo parlato nella scorsa newsletter.
Per generare le collisioni, nei tunnel viaggiano quindi due fasci di particelle, uno in un senso, uno nell’altro, che si scontrano in alcuni punti. In corrispondenza di questi punti ci sono dei rilevatori, che sono delle enormi “macchine fotografiche” in grado di rilevare le particelle create e analizzarne alcune proprietà fisiche. CMS, ATLAS, ALICE e LHCb sono i rilevatori più famosi. Per farvi capire quanto sono grandi i rilevatori, questo è CMS.
Nell’animazione vedete una simulazione di come i rilevatori scattano le “foto” tracciando la traiettoria delle particelle che si creano.


Perché al CERN accelerano così tanto le particelle
I protoni sono particelle facili da reperire e tutto sommato leggere. Certo, molte particelle sono molto più leggere del protone, le si trovano anche facendo collidere i protoni a basse velocità e infatti le conosciamo da tempo. L’elettrone o i neutrini ne sono un esempio. Altre particelle però, soprattutto alcune particelle mediatrici delle forze – ne parleremo – sono molto più pesanti. Come è possibile, facendo scontrare due protoni “leggeri”, ottenere delle particelle molto più pesanti? D’altronde, come abbiamo studiato a scuola, nulla si crea e nulla si distrugge: in un incidente tra due motorini non ci aspettiamo certo di veder apparire il rottame di un camion, giusto?
Tuttavia Einstein ci ha insegnato che la massa si può trasformare in energia e viceversa. È la famosissima – e molto fraintesa – formula E=mc2, dove E è l’energia di un corpo, m la sua massa relativistica e c è la velocità della luce (Bonus per i puristi: quella m è appunto la massa relativistica ed equivale alla massa del corpo come è comunemente intesa solo se il corpo è fermo. Se invece il corpo si muove la formula è un po’ più complicata).
L’idea è dunque questa. Prendiamo delle particelle “leggere” e acceleriamole ad altissime velocità. Esse acquistano una grande energia E, che permette, trasformando l’energia in massa durante le collisioni, di far comparire particelle con una massa m maggiore di quella di partenza.
C’è poi un altro motivo per accelerare le particelle e, paradossalmente, funziona al contrario. Come detto alcune particelle sono molto più leggere del protone e molto più piccole. Alcune di queste sono dunque particelle sfuggenti che non si vedono quasi o proprio mai. Per vedere queste particelle bisogna farle interagire con qualcosa delle loro dimensioni. Una zanzara che sbatte contro un camion non si nota, siete d’accordo? Per la meccanica quantistica e in particolare per la legge di De Broglie, per interagire con una particella molto piccola bisogna utilizzare delle particelle a velocità molto grande (servirebbero due formulette e qualche nozione di meccanica quantistica per convincersi. Voi vi fidate, ok?). In questo caso, quindi, più si accelerano i protoni più è facile vederli interagire con delle particelle piccole. L’acceleratore funziona perciò come un “microscopio” potentissimo.
Ecco perché in questi anni l’energia di LHC è stata gradualmente innalzata fino quasi al massimo, 13 TeV (più di 49miliardi di kcal). In questo modo è stato possibile vedere particelle molto sfuggenti e “crearne” altre molto pesanti, come ad esempio il Bosone di Higgs – qualsiasi cosa sia, come al solito.

Cosa c’entra con l’universo
Come abbiamo detto, al CERN è possibile studiare particelle molto piccole o molto sfuggenti creando artificialmente le condizioni per renderle visibili. Sono condizioni così estreme che erano presenti in natura all’origine dell’universo, pochissimo tempo dopo il Big Bang (cos’è?). Studiare i fenomeni fisici in queste condizioni, quindi, ci permette di comprendere i processi che hanno dato origine all’universo come lo conosciamo oggi.
Inoltre alcuni rilevatori sono stati creati proprio per rispondere a certe domande che riguardano la natura dell’universo. LHCb, ad esempio, si occupa di capire – studiando delle reazioni molto particolari – perché nell’universo c’è molta più materia che antimateria (tranquilli, ne parleremo).

Pillole
Alcune notizie di questi giorni, brevi.

A proposito di Big Bang
È stata proposta da alcuni fisici una nuova teoria sull’evoluzione dell’universo. L’ipotesi è che l’inflazione, il rapido processo di espansione dell’universo che seguì il Big Bang, sia avvenuto in due fasi, anziché in una sola. Un approfondimento alla portata di tutti si trova qui.

Che si dice di Hawking
Trovate questi giorni un po’ ovunque la notizia che il fisico Stephen Hawking avrebbe risolto un problema riguardante i buchi neri chiamato paradosso dell’informazione. È una questione piuttosto tecnica, difficile da spiegare in parole povere a meno di banalizzarla. Magari un giorno ci proviamo (per ora rimando alle note). Hawking è indubbiamente un genio, ma faccio notare che è la quarta volta che propone una soluzione a questo paradosso.
Non ho una particolare opinione a proposito di quest’ultimo articolo di Hawking – anche perché devo ancora leggerlo – ma il processo di santificazione a cui vanno incontro gli scienziati quando diventano famosi è un problema di non poco conto per l’intera comunità scientifica: capita spesso che le opinioni di alcune menti geniali vengano ritenute vere a prescindere. Ma anche i grandi sbagliano. Einstein, per dire, non credeva alla meccanica quantistica. Eppure oggi tutti i fisici la ritengono una teoria scientifica piuttosto solida. Quando si leggono notizie come queste bisogna sempre ricordare che una proposta non diventa automaticamente una verità, indipendentemente da chi la formula.

SpaceX, kaboom
Domenica scorsa il lanciatore Falcon 9 di SpaceX, già usato nella missione Orbcomm-2, ha mandato in orbita con successo il satellite Jason 3. È la prima volta che un lanciatore viene usato con successo in due missioni spaziali. Questa volta il rientro verticale del Falcon 9 non era previsto sulla terraferma, ma su una chiatta in mezzo all’oceano. Il razzo ha centrato la chiatta, atterrando verticalmente. Poi però una gamba si è rotta ed è esploso (qui il video con audio).


Un nuovo pianeta nel Sistema Solare?
Uno articolo pubblicato ieri sostiene di aver provato, grazie allo studio delle orbite di alcuni oggetti nella fascia di Kuiper – una zona remota del Sistema Solare oltre il pianeta Nettuno – l’esistenza di un nono pianeta con 10 volte la massa della Terra. A differenza di quello che dice Repubblica, il pianeta non è stato “scoperto”. Un articolo scientifico ne sostiene l’esistenza, ma ora spetta agli astronomi trovarlo, se c’è. Come già detto, una proposta non diventa automaticamente una verità.

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Per approfondire
La fisica delle particelle spiegata a una pulce di Marco DelMastro
– Un video che dà l’idea della complessità del CERN
– Le “foto” fatte dal rilevatore CMS al CERN
– Il modello Standard delle particelle elementari
– Il paradosso dell’informazione, su Wikipedia

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